Barbiana 2040: l’inclusione non abbassa l’asticella. La scuola che fa crescere tutti e spinge verso l’eccellenza

Nel cuore di tante riflessioni scolastiche, confrontandomi con alcuni docenti, aleggia una domanda: Barbiana 2040 è davvero adatto a tutte le classi o solo a quelle “di alto livello”? Una domanda legittima, ma che si dissolve nel quotidiano di chi ha scelto di abitare la scuola come spazio democratico e plurale. Infatti, è proprio nelle classi eterogenee, con le loro sfide e le loro meravigliose complessità, che l’approccio milaniano trova la sua piena ragion d’essere L’approccio funziona perché si adatta, non perché semplifica.
Tutte le testimonianze raccontate nella Newsletter, riflessioni intense, articolate e profonde sono un vero manifesto della potenza educativa dell’approccio milaniano soprattutto in contesti eterogenei. Ed è proprio lì che il progetto dimostra di essere pedagogicamente fondato e autenticamente democratico — non perché offre un metodo universale, ma perché crea uno spazio duttile dove ogni alunna e ogni alunno può partecipare con la propria voce e i propri tempi, evidenziando come l’inclusione non sia un compromesso al ribasso, ma uno stimolo verso l’eccellenza per tutti.


Parole-chiave che diventano prassi: Tempo skolè, aderenza alla realtà, cultura informale, comunità, errore ed imprevisto come opportunità pedagogica, la parola come personaggio non sono semplici concetti, ma leve pedagogiche trasformative potenti.
La scuola democratica non è una scuola che abbassa l’asticella, ma una scuola che la mantiene alta per tutti, offrendo però le scale giuste per raggiungerla.
Il progetto inteso come “cornice di senso rigorosa, ma flessibile” è esattamente il cuore della didattica inclusiva: non moltiplicare all’infinito le proposte, ma unificare attraverso l’intenzionalità, la riflessione e la consapevolezza metodologica.
Barbiana 2040 è proprio questo: un ecosistema dove tutti e ognuno può crescere, senza essere schiacciato né dall’omologazione né dall’etichetta.


Questo approccio per sua natura è inclusivo, suscita un senso di piacevolezza, di rivalsa, di desiderio di conoscenza e scoperta dell’identità propria sempre in relazione agli altri, non lascia indietro nessuno, ma non si appiattisce sull’uniformità. Si sviluppa in un tempo lungo e disteso, il tempo dell’indugio. Con uno sguardo al futuro, che deve essere sempre acceso avendo come interlocutori dei bambini o dei ragazzi, lo sguardo della preveggenza, il maestro regista deve essere pronto a far correre la parola sulla linea del tempo, che diventa retroattivo. Questo continuo rimbalzare dal futuro al presente e al passato struttura il pensiero e crea gli schemi per l’apprendimento. Il ruolo del regista è molto delicato in
quanto non deve imporsi ma deve cogliere e creare occasioni.

Il processo educativo così messo in atto aiuta l’alunno a costruire uno schema logico, e a fargli compiere un percorso critico. Solo quando si riesce a turbare l’animo dello studente, si ha un apprendimento significativo e globale, circolare e in profondità, un apprendimento che abbraccia l’intero gruppo, maestro compreso, liberato dalla noia e dal tedio.
Solo nel dialogo, nel confronto dialettico di più punti di vista, si crea la competenza e ci si dirige verso un obiettivo comune, dando forma al cittadino sovrano, ai cittadini di domani. Per dialogare è necessario saper ascoltare, il gruppo così si autoregola, perché la democrazia non si predica ma si esercita, vivendola anche dentro la scuola.
La scuola che prende forma attraverso Barbiana 2040 è un laboratorio vivo dove ogni voce ha peso, ogni errore è slancio, ogni tempo è fecondo. In essa, l’inclusione non è gesto riparatore, ma spinta generativa verso la complessità e la bellezza dell’apprendere insieme.
Coltivare questa visione significa credere che l’educazione sia il luogo in cui si costruisce la società di domani — non omogenea, ma solidale; non uniforme, ma equa. E allora sì, Barbiana 2040 non è solo possibile in ogni classe: è necessaria. Perché è proprio lì, nel gruppo eterogeneo e vibrante, che la scuola riscopre il suo volto più umano e trasformativo.



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