Barbiana 2040 e la Rete delle Scuole
una storia dentro la memoria

Dobbiamo il nome della rete a un’intuizione-idea del professore Giancarlo Costabile e del maestro Edoardo Martinelli, allievo di don Milani alla scuola di Barbiana
Era l’ormai lontano 2017, d’estate: in un’aula dell’Università della Calabria, sulla lavagna alle spalle dei due protagonisti, a gesso, appare la scritta Barbiana 2040.
Un atto di nascita scaturito da un’esperienza di scrittura collettiva, dialogando con gli studenti dell’università, futuri educatori preoccupati dallo stato di una scuola malata e di una società in disfacimento, come nuova sfida pedagogica e culturale germinata grazie all’esperienza diretta della didattica milaniana.
Dall’idea è nato il progetto, grazie al quale in questi cinque anni di lavoro molta strada è stata fatta, ma è importante ricordare lo spirito e il senso peculiare del progetto: ritornare a Barbiana significa recuperare il senso originario di quell’esperienza unica e irripetibile, e rilanciarlo nella realtà della scuola di oggi per la formazione degli insegnanti, impegnati nel nobile scopo di forgiare i futuri cittadini.
Attraverso la proposta di laboratori di scrittura collettiva nelle scuole, ripercorriamo la pedagogia dell’aderenza del Priore di Barbiana come risposta efficace ai bisogni dei nativi digitali.
È una scelta forte, una scelta libera, un atto di fiducia e di coraggio, che richiama in gioco la responsabilità individuale e collettiva, quindi una scelta etica, intrisa di bellezza e allegria, con una dose di temerarietà, necessaria rivolta contro la riduzione impiegatizia della nostra professione, per ritrovarne il gusto e la dimensione vocazionale.

Dalla Rete al Movimento di pensiero
A ottobre del 2022 si è giuridicamente costituita fra le prime otto scuole e tre università la Rete nazionale delle Scuole che aderiscono al progetto Barbiana 2040.
Un anno dopo la Rete si è data un Manifesto, dieci principi di azione, che ha trasformato la Rete in un Movimento di pensiero e di azione.
Finalità della Rete è recuperare la pedagogia dell’aderenza, quanto mai necessaria oggi di fronte al mutamento antropologico in atto, scaturito dalla rivoluzione digitale che ha travolto tutte le istituzioni sociali, a partire da quelle educative, come la scuola e la famiglia.
Attraverso un atto di intelligenza della realtà, possiamo dare il nostro contributo per la continua reinvenzione del mondo e per la costruzione dell’umanità.
Riproporre la pedagogia milaniana significa recuperare la pratica della scrittura collettiva, come sua più alta espressione – “umile tecnica” come la definiva don Milani – a costo zero dal punto di vista delle attrezzature, ma di impatto grandioso sul gruppo classe e sull’individuo.

La missione della Rete: trasformare la società
La scuola, insieme all’università, deve avere un potere trasformativo nei confronti della società.
Noi maestri dobbiamo essere agenti del cambiamento.
Dobbiamo rispettare il dettato costituzionale per la rimozione degli ostacoli al pieno sviluppo e realizzazione della persona.
La scuola deve stare avanti rispetto alla società, e quindi in qualche modo deve farsi carico di formare anche i genitori.

Un obiettivo audace
Qual è dunque la scommessa che ci assumiamo come obiettivo? Confermare quanto stiamo osservando da anni di vita del progetto: è possibile trovare nell’approccio milaniano, recuperato attraverso un testimone diretto e autorevole, un allievo che è diventato maestro, una risposta seria e profonda al disagio e alla crisi che attraversa la scuola e la società del terzo millennio.
In collegamento con questo, promuovere la pratica non estemporanea dei laboratori di scrittura collettiva che si rivela capace di rispondere ai bisogni profondi dei nativi digitali, perché genera processi cognitivi significativi, scalza le dinamiche dell’insegnamento tradizionale, favorisce la motivazione, e genera apprendimenti autentici e radicati.
Inoltre la scrittura collettiva genera identità, sia individuale che collettiva, capacita di autoriflessione e di pensiero critico, senso di appartenenza, dando un contributo fondamentale alla costruzione del futuro cittadino e quindi del futuro della società.

Come ci ha insegnato il Priore:
“Chiamo uomo chi è padrone della sua lingua.
Questa non fa parte delle necessità professionali, ma delle necessità di vita d’ogni uomo, dal primo all’ultimo che si vuol dire uomo”.

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