La parola che unisce. Come i ragazzi riscoprono il valore di raccontarsi

È scomparso il tavolone quest’anno, i banchi sono a ferro di cavallo ed è comparsa una scatola magica piena di bigliettini. Si, perché in 3C ci si annoia facilmente: è il secondo anno che si fa laboratorio di scrittura collettiva e bisogna cambiare, variare, incuriosire.
Il nuovo setting è motivante: si è tutti più comodi e ci si vede tutti in faccia.
Nella scatola ognuno ha messo ciò di cui desidererebbe discutere: più di due ore sullo stesso tema in 3C non si riesce a stare; dopo poco non c’è più nulla da dire, arriva la noia e si perde la motivazione. Se invece ogni volta c’è la suspence dell’estrazione del tema e di chi lo toglierà dal contenitore, ci si carica. Alla fine si è riusciti comunque a trovare un filo conduttore: Sammy Basso, l’aeronautica, i social, la musica, la moda, don Milani … ci hanno portato sempre a considerare uno STILE DI VITA.

Meraviglia e stupore sono nati quando abbiamo pescato Fast and furious: quasi tutti hanno visto il film, tranne la prof. e pochi compagni. Nessuno però è in grado di raccontare la trama in modo che risulti comprensibile a chi ascolta. Ci interroghiamo sul perché e l’argomento del giorno diventa: “Perché non sappiamo raccontare un film?”.
Queste le risposte:

– non sono proprio capace
– ne ho visti tanti e non me lo ricordo, perché mi confondo
– l’ho visto, ma non sono stato attento
– la trama è complessa da raccontare: nel film sono successe tante cose
– non so collegare gli eventi
– non l’ho capito
– non rispondo perché sono agitato
– non ho voglia di parlare
– mi sento sotto pressione
– non mi è piaciuto
– non l’ho visto di recente
– ho paura di sbagliare
– sono timido e temo il giudizio degli altri
– non mi fido delle persone che ho davanti
– quando sono in un gruppo non intervengo
– sono a disagio
– mi parlano sopra
– non so esprimermi come vorrei
– non ho la capacità di raccontare e non riesco a trovare le parole giuste.


I ragazzi prendono consapevolezza della loro difficoltà a parlare in modo fluente, ad esprimersi, a raccontare e di loro iniziativa allargano la questione. Non capita solo se devono narrare la trama di un film: spesso non riescono proprio a farsi capire e a tenere la parola per spiegare o per esprimere qualcosa.
Perché ci accade? si chiedono. Provano a darsi delle risposte e a condividerle:

– non so argomentare
– a scuola a volte non ho studiato
– so le cose, ma non le so collegare
– vado in panico o in ansia
– sono agitato
– sono confuso
– sto in silenzio perché sono timido
– non riesco a entrare nelle conversazioni
– non ho voglia di parlare
– non conosco o non mi piace l’argomento
– mi parlano sopra
– c’è troppo caos e confusione
– non riesco a dire la mia
– mi sento a disagio
– non mi fido degli altri
– ho paura del giudizio
– non voglio fare la spia o parlare di cose che non mi riguardano

Anche questo tratto del percorso rientra nel filo rosso STILI DI VITA: probabilmente è proprio la modalità comunicativa di oggi attraverso i social che porta i ragazzi alla fatica verbale; si esprimono a distanza, senza guardarsi, a monosillabi e con dei simboli o delle sigle.
Diamo spazio allora ai laboratori di scrittura collettiva, che allenano appunto alla PAROLA, all’ascolto, alla condivisione libera, senza giudizi e aperta.
Il lavoro prodotto dalla 3C riflette i ragazzi: asciutto nello stile, fatto di elenchi più che di pensieri, “leggero” nei contenuti, poco profondo e poco personale. Sono loro, belli così, viene da dire. E auguriamo a questi ragazzi di scoprire un giorno il mistero che sta dietro le parole e l’importanza di saperle usare in modo chiaro, ponderato e responsabile.

In 1C invece il viaggio è cominciato quest’anno, con l’entusiasmo totale dei ragazzi, talmente desiderosi di parlare da dover essere educati ad alzare la mano. Subito si sono resi conto di quanto sia bello ascoltare ed essere ascoltati, parlare e dire il proprio pensiero senza essere giudicati, proporre vie nuove, collaborare per scrivere. NATI PER SCRIVERE hanno intitolato infatti il loro lavoro e lo hanno dedicato spontaneamente a don Milani, comprendendo quanto bene si stesse alla sua scuola, della quale in classe abbiamo adottato alcune caratteristiche. I ragazzi hanno con sincerità tirato fuori alcune loro paure, sulle quali si è riflettuto insieme, e hanno guidato le anse e le curvature delle discussioni. Il setting con il tavolone è stato alternato a quello con i banchi a ferro di cavallo e al cerchio senza banchi, a volte senza sedie addirittura. Il benessere del momento ci ha indirizzato alla scelta di volta in volta.

Il viaggio della 1C è appena cominciato… e i ragazzi hanno chiesto di continuarlo.

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