Dobbiamo il nome della rete a un’intuizione-idea del professore Giancarlo Costabile e del Maestro Edoardo Martinelli, che nell’ormai lontano 2017 – era d’estate – lanciavano attraverso il canale YouTube “Pagine di R-Esistenza” dell’Università della Calabria.
Sulla lavagna alle spalle dei due protagonisti, a gesso, appare la scritta Barbiana 2040. Un atto di nascita scaturito da un’esperienza di scrittura collettiva, dialogando con gli studenti dell’università, futuri educatori preoccupati dallo stato di una scuola malata e di una società in disfacimento, come nuova sfida pedagogica e culturale germinata grazie all’esperienza diretta della didattica milaniana.
Dall’idea è nato il progetto, grazie al quale in questi cinque anni di lavoro molta strada è stata fatta, ma è importante per noi innanzitutto ricordare lo spirito e il senso peculiare del progetto. Al di là delle innumerevoli celebrazioni e intitolazioni, ritornare a Barbiana significa per noi recuperare il senso originario di quell’esperienza unica e irripetibile, e rilanciarlo nella realtà della scuola di oggi per la formazione degli insegnanti, impegnati nel nobile scopo di forgiare i futuri cittadini. Attraverso la proposta di laboratori di scrittura collettiva nelle scuole, ripercorriamo la pedagogia dell’aderenza del Priore di Barbiana come risposta efficace ai bisogni dei nativi digitali.
È una scelta forte, una scelta libera, un atto di fiducia e di coraggio, che richiama in gioco la responsabilità individuale e collettiva, quindi una scelta etica, intrisa di bellezza e allegria, con una dose di temerarietà, necessaria rivolta contro la riduzione impiegatizia della nostra professione, per ritrovarne il gusto e la dimensione vocazionale.
Digitando sul sito “Scuola in chiaro” il nome don Milani, con un semplice clic estraiamo ben 721 istituzioni scolastiche intitolate al Priore. Tra di esse c’è anche una scuola media che afferisce al mio Istituto.
Ma quanto di don Milani è rimasto tra le mura di queste remote intitolazioni?
Finalità della nostra rete è andare oltre le celebrazioni e le commemorazioni, per recuperare la pedagogia dell’aderenza, quanto mai necessaria oggi di fronte al mutamento antropologico in atto, scaturito dalla rivoluzione digitale che ha travolto tutte le istituzioni sociali, a partire da quelle educative, come la scuola e la famiglia.
Attraverso un atto di intelligenza della realtà, possiamo dare il nostro contributo per la continua reinvenzione del mondo e per la costruzione dell’umanità. Riproporre la pedagogia milaniana significa recuperare la pratica della scrittura collettiva, come sua più alta espressione – “umile tecnica” come la definiva don Milani a costo zero dal punto di vista delle attrezzature, ma di impatto grandioso sul gruppo classe e sull’individuo.
Già prima della pandemia, eravamo nel 2017, emergeva l’emergenza educativa alla quale risultava difficile dare risposte efficaci, perché appariva necessario spostare il punto di vista, aderire appunto alla nuova realtà vissuta dagli alunni. La pandemia non è stato che un potente acceleratore di processi già in atto, che ha fornito alla scuola l’occasione di recuperare almeno in parte il rapporto con gli studenti e le loro famiglie, insieme a un ruolo sociale che era in via di sgretolamento.
Il principio di aderenza al contesto di realtà degli alunni, si impone innanzitutto come strumento privilegiato per conoscere gli interlocutori principali dell’azione della scuola, di cui oggi gli insegnanti sanno molto poco, un poco basato su preconcetti che la realtà ha superato da tempo. Nulla può essere dato per scontato, a partire dalla capacità di ascolto, dalla effettiva comprensione del significato di un vocabolo, fino agli scenari sotterranei che attraversano come fiumi carsici le dinamiche del gruppo, amplificate nei social fin dalle classi della scuola primaria, spesso con la complicità dei genitori.
La scuola, insieme all’università, deve avere un potere trasformativo nei confronti della società. Noi maestri dobbiamo essere agenti del cambiamento. Dobbiamo rispettare il dettato costituzionale per la rimozione degli ostacoli al pieno sviluppo e realizzazione della persona. La scuola deve stare avanti rispetto alla società, e quindi in qualche modo deve farsi carico di formare anche i genitori.
Il progetto Barbiana 2040 si pone nel solco di questo alto mandato costituzionale. In questa direzione anche da parte del MI si assiste all’apertura di una fase nuova e, si auspica, rifondativa della scuola, a cominciare dalla rivoluzione in atto per la valutazione nella scuola primaria (vedasi Convegno Non sono un voto – marzo 2022 Milano Bicocca) e dei principi dell’apprendimento Ocse indicati nel Piano Scuola 4.0 – 2022-2025 del PNRR, da cui estrapolo alcune espressioni: i discenti come principali partecipanti dell’apprendimento, incoraggiare il loro impegno attivo, svilupparne la consapevolezza; natura sociale dell’apprendimento, essere in sintonia con le motivazioni degli studenti, e con la dimensione emotiva; promuovere la connessione orizzontale del sapere, aprirsi alla comunità e al mondo.
Tutto ciò ci deve spronare al cambiamento ormai non più procrastinabile.
Scuola capofila di rete. Che cosa sigbnifica?
Ci siamo proposti come scuola capofila di rete, non per rivendicare un primato che non abbiamo né potremmo avere, ma con spirito di servizio al progetto, poiché crediamo sia di fondamentale importanza non perdere l’occasione che ci offre il Maestro Edoardo Martinelli, testimone autorevole dell’esperienza di Barbiana. La sua guida e presenza è un ponte tra l’esperienza diretta della scuola del Priore, e la pratica decennale di laboratori di scrittura collettiva che egli stesso ha condotto in tante scuole, affiancati dalla continua riflessione pedagogica.
Ma anche qui è necessaria una precisazione. Quando nel 2017 grazie a un atteso imprevisto incontrai Edoardo a Barbiana, e gli chiesi di venire a Bergamo, mi rispose che sarebbe venuto solo se l’avessi fatto lavorare in classe, perché si era stancato di seminari nei quali tutti si entusiasmano, ma poi nulla di fatto cambia nelle lezioni d’aula. Grande preveggenza. Così è stato, con una particolarità che è stata messa a fuoco da subito: abbiamo abbandonato la via dell’intervento di un esperto esterno che ha un inizio e una fine, come una parentesi che gli stessi alunni hanno imparato a identificare come fugace, per avviare un cammino nuovo con i loro insegnanti, che accompagni gli alunni per tutto il loro percorso scolastico. In questa scelta risiede la possibilità di un vero cambio di paradigma. Per questo il progetto si qualifica come progetto formativo di rete rivolto in primis agli insegnanti presenti e futuri, che devono farsi appunto agenti del cambiamento.
Scriveva don Milani che il maestro “dev’essere per quanto può profeta, scrutare i segni dei tempi, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in modo confuso”. Questa è la preveggenza. Il cammino è lungo e costellato di intralci – come sentirete nel racconto degli insegnanti – ma la bellezza dell’esperienza didattica e umana che il progetto Barbina 2040 ci consente di vivere insieme ai colleghi, agli alunni, e talvolta ai loro genitori, e la ricchezza degli incontri che ci offre, ci fa comprendere che si tratta della strada giusta.
“Sulla via maestra del conformismo non si casca mai, mentre sul filo teso dello sporgersi verso i lontani l’equilibrio è un’arte che tutta una vita non ci basterà per apprendere bene” ci ricorda ancora il Priore.
A questo proposito ci ha stupito scoprire, attraverso la lettura della testimonianza di Adele Corradi, in un’intervista con Edoardo, che persino lei, che aveva lavorato per anni a Barbiana, attese ben dieci anni dalla morte del priore per iniziare a praticare in prima persona la scrittura collettiva come l’aveva vista condurre don Milani. Alla domanda sulle ragioni di questa reticenza, Adele Corradi rispondeva che riteneva quella pratica una prerogativa esclusiva del Priore. Un possibile modello formativo. Sulla base di queste premesse, diventa prioritario formare una generazione di insegnanti che raccolgano la sfida e dedichino almeno una quota oraria settimanale alla pratica del laboratorio, che presenta molte fasi e sfaccettature complesse, che richiedono un tempo disteso e libero da giudizi e pressioni, il cui apice è costituito dalla scrittura collettiva, ma che non si esaurisce in essa. Edoardo stesso oggi metterà a fuoco il lessico milaniano che caratterizza l’approccio, mentre alcune docenti che hanno alle spalle qualche anno di attività nel progetto, proveranno a delineare alcune piste di lavoro e spunti di lettura degli esiti, utili per chi si accinge ad iniziare il cammino.
È molto più facile chiedere a Edoardo di avviare laboratori, che lavorare insieme per formare insegnanti in grado di praticarli e di essere di supporto per altri, ma questa è la sfida della nostra Rete. A garanzia dell’autenticità del processo in atto abbiamo la guida esperta e mai cristallizzata di Edoardo. A supporto della riflessione pedagogica, dello studio degli esiti e della formazione dei futuri insegnanti, abbiamo raccolto la collaborazione delle Università.
Ora è ancora tempo di semina, che richiede cura attenta e capacità di attesa fiduciosa, come insegna il mondo contadino, con il detto emblematico “Sotto la neve il pane” che possiamo spiegare così: in pieno inverno, dopo avere lavorato duramente, il contadino sapeva attendere i tempi della natura, senza frenesia, e guardava fiducioso la coltre bianca coprire il campo seminato, perché sapeva che a primavera sarebbero germogliate le piantine che avrebbero generato le spighe, destinate a diventare pane, cioè bene comune a beneficio di tutti. Simile è il nostro lavoro.
La semina ha avvio con l’intervento del maestro Edoardo in una classe in cui uno – ma meglio due – insegnanti sono fortemente motivati al cambiamento; il laboratorio dura una settimana, per due ore al giorno, ed è aperto alla presenza di altri docenti osservatori. Del progetto devono essere informati i genitori, ai quali saranno poi gli alunni stessi a spiegare giorno per giorno cosa accade e quanto sia entusiasmante per loro. Per tutta la settimana di pomeriggio, dopo la fine delle lezioni, c’è il laboratorio parallelo per i docenti, un gruppo auspicabile di circa venti – ai cui dirigenti consiglio di prendere parte – nel quale si mettono a fuoco gli aspetti pregnanti della pedagogia dell’aderenza e della scrittura collettiva, uniti alla condivisione delle osservazioni su quanto accaduto in classe al mattino. Sarebbe auspicabile che il laboratorio pomeridiano dei docenti desse origine a una scrittura collettiva, che costituisce la matrice fondativa del cammino di ogni singola scuola. Si comprende dunque quanto sia importante per il dirigente partecipare, purché scevro da giudizi e pregiudizi, perché ha occasione di conoscere i suoi insegnanti e condividere il loro cammino, che sarà chiamato a sostenere.
Dopo questo avvio, è necessario che i docenti almeno della classe coinvolta non abbandonino la pratica, ma la portino avanti per tutto il cammino scolastico della classe, in un momento con cadenza settimanale. Anche da questa attività dovrebbero nascere una o più scritture collettive, che vanno a integrare la documentazione del progetto. A fine anno si suggerisce di organizzare una serata di incontro tra alunni, genitori e docenti sull’esperienza, che può essere condotto dagli alunni stessi.
È sempre consigliabile in avvio di progetto raccogliere le liberatorie per poter pubblicare sul sito scolastico le scritture collettive, sia dei docenti che degli alunni. Noi proponiamo la freccia di Barbina come immagine simbolica che indica sul sito la pagina dedicata al progetto.
Il processo richiede un accompagnamento formativo nel tempo, da parte di Edoardo e di docenti esperti, anche di altre scuole. Si comprende così l’importanza di costituirsi in rete, per mantenere viva la collaborazione attraverso forme di tutoraggio, di confronto, di scambio, e di reciproco riconoscimento, come è questa occasione del convegno.
La corrispondenza tra don Milani e Mario Lodi testimonia quanto per il Priore fosse importante la riflessione sul lavoro di chi insegna, indicandoci la condivisione delle esperienze come strada maestra da percorrere per rinnovare e tenere viva la scuola, e quindi il lavoro di rete come unica via praticabile per raggiungere i nostri obiettivi insieme. Essere insegnanti significa infatti reinventarsi ogni giorno, e per esserlo è necessario fare ricerca educativa insieme. Non è il cammino solitario di un outsider che cambierà la scuola, ma un movimento collettivo di pensiero pedagogico in divenire.
Il lavoro di rete è quindi l’unica strada praticabile per raggiungere i nostri obiettivi, nel solco dello spirito del Movimento di cooperazione educativa. Non dobbiamo farci prendere dalla fretta, ma nemmeno arenarci di fronte alle inevitabili impasse che incontreremo; con lenta perseveranza, se sapremo contaminarci in modo efficace, la diffusione potrebbe meravigliarci, come un’epidemia benefica che potrebbe raggiungere il suo apice nel 2023, cioè nel centenario dalla nascita di don Lorenzo Milani Comparetti. Sarebbe il modo più edificante per celebrarlo.
Il 2021-22 si era aperto come anno di diffusione dell’esperienza ad altre scuole, a partire da nostro territorio bergamasco, dove abbiamo avuto l’appoggio della Rete SOS, associazione di scuole che sostiene l’educazione alla legalità e alla cittadinanza, che ci ha consentito di raggiungere una vasta platea di insegnanti.
Grazie alla disseminazione in altri contesti oggi è possibile osservare delle particolari curvature del progetto. Innanzitutto una forte differenza tra la modalità di conduzione tra primaria e scuola media, legata ai due diversi piani di sviluppo attraversati dagli alunni nelle due fasce d’età, le cui caratteristiche verranno illustrate direttamente dai docenti impegnati sul campo.
E poi alcune peculiari curvature, legate al contesto di realtà delle diverse scuole, che comprende il territorio e la variabile umana anche relativa alla componente docente. Si assiste quindi a un accento più forte sulla parola e sulla strutturazione di testi collettivi anche complessi (come accade a Sorisole), oppure sulla ricerca-azione (come si è visto Costamasnaga-Lc), o ancora sulla ricerca sulla linea del Tempo (come a Sant’Omobono-Bg). Anche questi aspetti meritano approfondimenti e ricerca continua, di cui la rete deve farsi carico.
Infine si è visto come la pratica della reciproca osservazione in classe tra docenti anche di ordini diversi, accompagnata da momenti di riflessione condivisa, sia la strada da praticare per mantenere il necessario livello di consapevolezza metacognitiva, ed evitare il rischio dell’autoreferenzialità.
Luigina Mortari, presidente di Indire, nel suo intervento agli Stati generali della scuola digitale del novembre 2021, ha giustamente affermato che per fare ricerca educativa è necessario recuperare ciò che è depositato nelle menti degli insegnanti, che sono dei grandi repository di esperienze e pratiche didattiche. Ciò che noi cerchiamo di promuovere è la formazione degli insegnanti attraverso laboratori di pensiero, applicati alla pedagogia dell’aderenza di don Milani.
Un obiettivo audace.
Qual è dunque la scommessa che ci assumiamo come obiettivo?
Innanzitutto confermare quanto stiamo osservando da cinque anni di vita del progetto, cioè che è possibile trovare nell’approccio milaniano, recuperato attraverso un testimone diretto e autorevole, un allievo che è diventato maestro, una risposta seria e profonda al disagio e alla crisi che attraversa la scuola e la società del terzo millennio.
In collegamento con questo, promuovere la pratica non estemporanea dei laboratori di scrittura collettiva che, come abbiamo constatato, si rivela capace di rispondere ai bisogni profondi dei nativi digitali, perché genera processi cognitivi significativi, scalza le dinamiche dell’insegnamento tradizionale, favorisce la motivazione, e genera apprendimenti autentici e radicati. Inoltre la scrittura collettiva genera identità, sia individuale che collettiva, capacita di autoriflessione e di pensiero critico, senso di appartenenza, dando un contributo fondamentale alla costruzione del futuro cittadino e quindi del futuro della società.
Come ci ha insegnato il Priore: “Chiamo uomo chi è padrone della sua lingua. Questa non fa parte delle necessità professionali, ma delle necessità di vita d’ogni uomo, dal primo all’ultimo che si vuol dire uomo”.