Ripensare la scuola,
attraverso i nuclei forti di Barbiana

Barbiana 2040 è un progetto sperimentale che nasce con l’obiettivo di pensare la scuola del futuro attraverso i nuclei forti dell’esperienza di Barbiana. Una scuola non legata all’ipertrofia aziendalistica che ha ridotto studenti e docenti a pezzi della fabbrica neoliberista, funzionali alle logiche del profitto e dello sfruttamento. Barbiana 2040 si pone come tentativo di costruire una rete di esperienze formative e educative che mettano al centro del loro agire l’etica della persona e la sua ricchezza relazionale.

Qui porto il contributo del mio percorso didattico che si occupa di antimafia in Calabria, regione caratterizzata da una pluralità di problemi socioeconomici che gravano in maniera significativa sullo stato di salute della democrazia e delle pratiche di cittadinanza ad essa collegate. Quella odierna assume dunque il valore di un’assemblea a favore di un modello di società alternativo a quello del profitto e della violenza di cui, ad esempio, le mafie sono uno dei linguaggi privilegiati. Esse sono qualcosa che si pone al di là della percezione criminale del loro problema.
Come insegna Isaia Sales, nel suo pregevole “Storia dell’Italia mafiosa”, le mafie italiane hanno la loro specificità nel concetto di relazione con il potere: sono criminalità di relazione con le istituzioni. Non sono un anti-Stato ma piuttosto uno Stato parallelo che si muove sfruttando tutte le fragilità sociopolitiche della nostra comunità statale. Le mafie hanno realizzato ciò che la società politica e culturale non è stata in grado di fare in 159 anni di vita unitaria: l’unità della nazione, ma nella corruzione e nella subcultura delle disuguaglianze.

Barbiana 2040 traduce quindi un bisogno collettivo di pensare in modo plurale, nei territori del nostro Paese, un modello di società strettamente connesso a una radicale riorganizzazione del “fare scuola”. L’istruzione pubblica odierna nelle sue finalità strategiche è fortemente distonica rispetto al quadro valoriale di Barbiana. E’ una scuola ostaggio di una ossessione valutativa che ha derubricato l’avventura umana a una mera procedura quantistica, misurabile con strumenti didattici discutibili, unicamente relazionati alla legittimazione di un’antropologia delle disuguaglianze, pilastro fondamentale per reggere l’architrave di una società piramidale dalla base estesa e dal vertice particolarmente ristretto.
L’essere umano non è però un numero ricavabile con l’algoritmo delle conoscenze. Chi vive, ad esempio, le periferie di questo Paese (ce ne sono al Sud come al Nord), sa che le condizioni di partenza tra territori (su base regionale e zonale) sono profondamente differenti. Pretendere di costruire un sistema nazionale di valutazione, non tenendo conto delle stridenti differenze territoriali in atto nel Paese, non può che alimentare il vizio storico dell’autoreferenzialità e dell’autoriproducibilità delle nostrane classi dirigenti.
Nella sua struttura classista, l’Italia dei primi vent’anni del Terzo Millennio non è molto dissimile da quella degli anni Sessanta del Novecento. Il mondo della scuola non può accettare supinamente di adempiere al ruolo di cinghia di trasmissione di una società verticale, ingiusta, lacerante nei suoi meccanismi di relazione sociale.


Barbiana 2040 nasce per mettere in discussione questo algoritmo della valutazione. Quello che ci racconta che un ragazzo cresciuto nelle periferie meridionali (Scampia, Brancaccio, Librino, Archi) presenta ritardi linguistici irrecuperabili e quindi deve adattarsi a interiorizzare una pedagogia della minorità che lo consegnerà ad una narrazione di terza serie fatta di lacrime e sangue, secondo espressioni popolari mai del tutto tramontate.
Gli Ultimi, quelli che la società costruisce per tenere in piedi la dialettica del potere dei pochi, rappresentano una grande opportunità pedagogica: trasformare le loro abilità di sopravvivenza in competenze attive di cittadinanza, misura la statura politica e culturale della progettualità educativa di una società. Chi abita il margine, quasi mai lo fa per libera scelta: il margine è il prodotto storico di una violenza sociale che non conoscere limiti e miserie. Riprendere Barbiana, non significa chiudersi in una narrazione retorica dei marginali: piuttosto rende manifesto il bisogno di un nuovo linguaggio di inclusione che si faccia pedagogia della r-esistenza all’uragano neoliberista. Barbiana 2040 è grammatica di una cittadinanza intesa come comunità dialogica e cooperante: promozione di una società in grado di rimettere al centro dell’agenda progettuale il valore unico e irriducibile della persona umana, attaccando le radici dell’antropologia neoliberista del “quantismo affarista” (valiamo per la quantità di profitto che produciamo).

Chiudo qui il mio contributo ricordando le riflessioni di Edoardo Martinelli, la cui esperienza di r-esistenza è la radice che tiene insieme la Barbiana di ieri con le tante, piccole, “Barbiane” che agiscono nell’odierna temporalità sociale.
La nostra storia di impegno educativo è nata proprio con Edoardo Martinelli, nove anni fa in Calabria. Continua a costruirsi intorno alla sua grammatica etica. Perché? Edoardo rappresenta uno di quei testimoni di speranza che ha sempre avuto il coraggio di affermare la verità anche in momenti difficili. Raccontare la verità significa indossare il vestito scomodo dell’eresia. Ma l’educazione liberatrice, che mira alla coscientizzazione, è per sua vocazione “epistemologia dell’emancipazione” e etica della speranza.

E allora proviamo con Edoardo e tutti voi a “riprenderci” Barbiana.
Noi ci riprendiamo attraverso Edoardo Martinelli quella linea del tempo che recupera l’esperienza di ieri della scuola milaniana della Costituzione, della giustizia sociale, saldandola al progetto odierno di costruire nella pedagogia scolastica una “parola capace di liberazione”.
Edoardo è questo elemento di composizione tra ieri, oggi e domani: un testimone in grado di consentire alla “parola che viene dal passato” di farsi “parola di speranza per il futuro”. Barbiana 2040 può e deve essere un soggetto plurale che porti nei territori del Paese un rinnovato bisogno di futuro, alimentato dalla lotta collettiva e non dall’accettazione individuale (e passiva) del presente.
Questo soggetto plurale nasce dalla narrazione delle nostre esperienze che vedono nella scuola non lo strumento di potere delle classi dominanti ma il linguaggio dell’emancipazione e della giustizia sociale.
Questo è il senso dell’odierna “fondazione discorsiva” attraverso il collante che Edoardo ha rappresentato seminando gemme milaniane a Bergamo, Firenze così come in Calabria e in Abruzzo. Poiché ogni avventura culturale deve avere inesorabilmente un punto di sintesi, Martinelli incarna questa costruzione argomentativa che lega le tre dimensioni del tempo (passato, presente, futuro), non più spaccate, non più lacerate ma finalmente armonizzate e in grado di farsi azione di trasformazione e cambiamento degli eventi.

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