Don Milani profeta della “decivilizzazione?”
Ai detrattori del priore di Barbiana dico…


Premessa.
Nell’arco di 5 giorni, tre autorevoli quotidiani nazionali hanno pubblicato, fra maggio e giugno scorsi, articoli di fondo con valutazioni negative su don Milani e la Scuola di Barbiana. Gli articoli sono a firma del prof. Luca Ricolfi (Il Messaggero, 27 maggio 2023), di Giuliano Ferrara (Il Foglio, 28 maggio 2023), e del prof. Ernesto Galli della Loggia (Il Corriere della Sera, 1 giugno 2023). Ho preso spunto dagli articoli citati, per rispondere alle loro tesi e alla disinformazione dei vari detrattori. Un atto che ritengo doveroso in quanto ex allievo della Scuola di Barbiana e autore del libro La Repubblica di Barbiana la mia esperienza alla scuola di don Milani.
In queste mie note, riprendo alcuni aneddoti vissuti a Barbiana che spiegano meglio di mille parole, l’eredità lasciata da don Milani.

Libera stampa e fake news.
Il professor Ricolfi scrive nell’articolo di fondo del Messaggero che “prova disagio quando un autore classico viene usato per fargli dire quello che piace a noi che viviamo in un’epoca completamente diversa”. Anche io provo lo stesso disagio quando il professore si avvale di un libro su don Milani in cui l’autore (Adolfo Scotto di Luzio) ha la pretesa di essere “entrato nella testa del Priore con le sue ansie, i suoi sogni, il suo modo di vedere le cose” e attraverso ciò, l’autore propone ai lettori informazioni e valutazioni, fuorvianti, parziali, avulse da una realtà che gli è sconosciuta.
Se Don Lorenzo e la Scuola di Barbiana fossero ancora in vita, gli articoli del professor Ricolfi, Galli della Loggia e di Ferrara sarebbero stati oggetto di discussione e commenti nel pomeriggio durante la lettura del giornale. Don Lorenzo avrebbe costruito una vera e propria lezione su come, attraverso notizie falsate o distorte, si arriva alla manipolazione dell’informazione e del consenso e come ciò sia particolarmente grave trattandosi di articoli di fondo di tre importanti quotidiani nazionali.
Il maestro don Milani, per spiegare un problema, partiva sempre da casi concreti e insegnava che opinioni e idee diverse, rappresentano il seme della libertà e della democrazia, ma quando si basano su presupposti inventati o strumentali, allora non sono più informazioni, ma più semplicemente tentativi di distorsione e/o manipolazione (in questo caso), di un personaggio e dei suoi insegnamenti.

L’importanza di una cultura critica.
La lettura del giornale, che si svolgeva puntualmente ogni pomeriggio a Barbiana, aveva lo scopo di informarci su cosa succedeva in Italia e nel mondo, ma soprattutto era lo strumento usato dal Priore per far acquisire a noi ragazzi una cultura critica, cioè imparare a distinguere le notizie vere da quelle false, capire dove il giudizio del giornalista si sostituisce alla notizia, scoprire le finalità e gli interessi economici e politici che la redazione e la proprietà del giornale intendono accreditare o perseguire con un certo articolo.
Questa “arte” di leggere il giornale era scuola, Don Lorenzo la chiamava “acquisire capacità di ragionare con la propria testa”. Ricolfi invece commenta la lettura del giornale fatta a Barbiana solo per sminuirne il valore. Ricordo come durante alcuni incontri con dei giornalisti, quando questi si erano messi ad esaltare l’indipendenza del proprio giornale, questi siano ripartiti da Barbiana con la coda tra le gambe. Ciò che disturba e che ritengo inaccettabile, è che si voglia accreditare tesi e opinioni di don Lorenzo, fatte passare come dogmi perché riprese da terzi, che però non sono basate su citazioni dirette, fonti attendibili (spesso il Priore ragionava anche per paradossi), o su una conoscenza diretta del personaggio.

Paolo Landi, alunno a Barbiana di don Lorenzo Milani

Don Milani non dispensava ricette.
Luca Ricolfi afferma che “Don Milani non fornisce una soluzione ai problemi della scuola di oggi”, ed ancora “si rileva la radicale inattualità del pensiero di don Milani, inattualità che fu pienamente intuita da Pasolini”. L’educatore Don Milani non ha mai dato ricette, né sulla scuola, né sul sociale, né sulla politica. Da educatore ha fornito a noi ragazzi e a tutti coloro che hanno una mente e un cuore aperto, insegnamenti che restano validi ancora oggi e sono un riferimento importante per migliaia di dirigenti scolastici, insegnanti ed educatori in Italia e all’estero.
Prenda nota il prof. Ricolfi che don Milani ci lascia detto anche come interpretare i suoi insegnamenti: Non ho bisogno di lasciare un testamento con le mie ultime volontà perché tutti sapete cosa vi ho raccomandato sempre: fate scuola, fate scuola, ma non come me. Fatela come vi richiederanno le circostanze. Guai se vi diranno: il Priore avrebbe fatto in un altro modo. Non date retta, fateli star zitti, voi dovrete agire come vi suggerirà l’ambiente e l’epoca in cui vivrete. Essere fedeli a un morto è la peggiore infedeltà (dalla testimonianza di Adele Corradi, l’insegnante che ha affiancato don Lorenzo nel far scuola a Barbiana). Basterebbe questa citazione per smontare alcune delle vostre tesi.
Lei prof. Ricolfi, chiama Pasolini a testimone delle sue tesi. Anche su questo la devo smentire. Di Lettera ad una Professoressa, dice Pasolini, devo dire tutto il bene possibile, non mi è mai capitato di essere così entusiasta, d’essere obbligato a dire agli altri: leggetelo! È un libro che riguarda la scuola, ma nella realtà riguarda tutta la società italiana”.

L’educatore che non conoscete.
Con Lettera ad una Professoressa, don Milani ha denunciato il classismo nella scuola dell’obbligo che vedeva bocciati “cinque ragazzi su dieci se figli di operai, sette su dieci se figli di contadini e zero su dieci se figli del dottore”. Ha insegnato che “fare misure uguali tra ragazzi diseguali è una profonda ingiustizia, che la scuola dell’obbligo non deve essere un ospedale che cura i sani e respinge i malati e che spetta alla scuola rimuovere gli ostacoli che rendono i figli dei poveri non eguali…”.
L’ingiustizia non si riferisce alla promozione regalata a tutti (anche a chi non ha raggiunto gli obiettivi dell’apprendimento), ma al differente livello di partenza. Negli anni cinquanta e sessanta, l’inclusione riguardava i figli dei contadini e degli operai, oggi alla base della dispersione e selezione scolastica, resta ancora il divario socio economico, ma il tema dell’inclusione riguarda soprattutto i figli di immigrati che non conoscono la lingua italiana.
L’articolo 3 della nostra Costituzione sancisce l’inclusione non la selezione e affida alla scuola la rimozione degli ostacoli per rendere i ragazzi eguali: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana ecc ecc.
Per questo don Milani in Lettera ad una Professoressa, ha proposto il tempo pieno per la scuola dell’obbligo e il non bocciare, perché ogni ragazzo abbia il diritto a otto classi di scuola dell’obbligo e non a quattro classi ripetute.
Ha proposto anche di premiare gli insegnanti che si impegnano per rendere possibile quello che lui chiama “il come bisogna essere per fare la buona scuola”. E in modo provocatorio, indica come premiare gli insegnanti: “Cari insegnanti io vi pagherei a cottimo, anzi no! Multa per ogni ragazzo che non impara una materia.
Così vi svegliereste la notte a pensare al metodo migliore per insegnare anche ai ragazzi difficili, e se uno di loro non torna a scuola andreste a casa a cercarlo”. Se questi consigli fossero stato presi in considerazione e attuati, forse non saremmo oggi a chiederci come fare per risollevare l’asticella della nostra scuola!


Don Milani “profeta della decivilizzazione”.
Una precisazione, il non bocciare di don Milani è riferito esclusivamente alla scuola dell’obbligo, non riguarda le scuole superiori o l’università. Anzi, rispetto a queste, don Milani affermava cose ben diverse e lo faceva con questi esempi: “se io devo costruire un ponte, voglio un ingegnere che sappia costruirlo: non voglio che il ponte cada. Se devo essere operato voglio un medico che sappia operare”, ma aggiungeva anche che “tutti gli studenti devono essere messi in condizione di essere ingegneri o medici”.
Questo non può essere un dettaglio che sfugge ai vari detrattori. Chi non conosce questo dettaglio, significa che non ha letto bene e non conosce don Milani. Voler attribuire a don Milani il non bocciare come principio assoluto, la scuola facile, la non scuola, come fa Ferrara quando afferma che “don Milani è un profeta della decivilizzazione, per aver creato una operosa destrutturazione e decostruzione della cultura politica e sociale contemporanea “, o, come afferma Galli della Loggia quando attribuisce a don Milani “una visione distorta dall’ideologia” quando denuncia in don Milani “il carattere abusivo dell’insegnamento scolastico ai poveri, tanto della cultura borghese che dell’italiano, di fatto Don Milani espropriava il popolo della possibilità di farsi esso stesso classe dirigente”.
Queste sono tutte affermazioni che denotano una scarsa conoscenza di don Milani. Per le scuole superiori e l’università, anche a Barbiana il riferimento era l’articolo 34 della Costituzione “i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di accedere ai gradi più alti degli studi”. È una affermazione gratuita che don Milani “detestava l’articolo 34 della Costituzione perché il popolo, studiando, avrebbe perso la sua purezza e la propria appartenenza di classe”, e anche ridicola perché rivolta ad un persona che ha speso tutta la propria vita nel far scuola per elevare cultura e l’istruzione dei giovani operai e contadini, per farli riscattare da una condizione di sfruttamento.

Bariana scuola rigorosa ed esigente.
Chiunque fosse arrivato a Barbiana avrebbe capito subito che quella era una scuola rigorosa ed esigente, dove si studiava 12 ore al giorno, per 365 giorni l’anno e dove perdere tempo era considerata una bestemmia.
Anche la matematica, la letteratura, l’arte, la storia erano considerate materie importanti, talmente importanti che quando veniva a Barbiana il Prof. Agostino Ammannati, nonostante fosse domenica, con lui si leggeva e si studiavano Dante e Manzoni. Oppure veniva invitato il Prof. Erseo affinché ci spiegasse quelle formule di fisica o di matematica che don Milani aveva difficoltà a spiegare. Per il Priore la conoscenza era lo strumento per il pieno sviluppo della personalità umana.
Con lui abbiamo studiato il motore Wankel. Lei professor Ricolfi lo conosce? Abbiamo misurato la distanza tra la terra e il sole utilizzando l’ombra del cipresso accanto alla chiesa, lei Ferrara ne sarebbe capace? Abbiamo fotografato l’eclissi di sole con una macchina fotografica costruita da noi stessi utilizzando un tubo di plastica. Abbiamo studiato il funzionamento del sistema solare sul piazzale della chiesa, simulando la rotazione della terra e dei vari pianeti.
A Barbiana erano apprezzate non solo lo studio delle materie letterarie e tecniche, ma anche la manualità nel lavorare il legno e il ferro. Molti erano gli esperimenti con lavori realizzati da noi ragazzi. Chi avrà voglia di venire a Barbiana troverà il planetario, le foto dell’eclissi appese ad una parete e numerosi altri lavori fatti da noi nella piccola officina.
Un altro dettaglio, don Milani non era contrario allo studio del latino e del greco. Quando durante lo studio si incontrava un vocabolo sconosciuto, don Lorenzo ricorreva al latino e al greco per spiegarne l’etimologia ed anche come il significato di una certa parola fosse cambiato nel tempo. Ma per imparare il latino e il greco, al liceo occorre poterci andare.
In altre parole a Barbiana non c’era una cultura a senso unico come vorrebbero accreditare alcuni detrattori, ma uno studio approfondito di molte materie classiche, scientifiche e tecniche.


Le responsabilità sul degrado della scuola.
Sono molte purtroppo, le immagini negative e le affermazioni gratuite su don Milani costruite ad arte e spesso dovute ad una non conoscenza e non condivisione dei suoi insegnamenti ritenuti troppo impegnativi. Attribuire agli insegnamenti di Don Milani una responsabilità dell’attuale crisi della scuola italiana è semplicemente assurdo! Il tempo pieno propugnato da don Milani, dopo trenta anni dalla riforma, è attuato solo in due scuole su tre al nord, una scuola su due al centro e soltanto una scuola su cinque nel Mezzogiorno e nelle isole. Per non parlare dei programmi e degli orari scolastici, della didattica o della mancanza di strumenti e di risorse finanziarie (come si è ben evidenziato durante la chiusura delle scuole dovute al Covid), che sarebbero necessari per rispettare gli articoli 3 e 34 della Costituzione.

Don Milani contro la modernità.
Il prof. Galli della Loggia si spinge ad affermare che don Milani era contro le modernità.
Caro professore, alla scuola di Barbiana non c’era la luce elettrica, ma per fare scuola avevamo gli ultimi ritrovati della tecnologia del tempo. Le lingue straniere si imparavano ascoltando conversazioni in madrelingua su un giradischi a pile. Poi una volta apprese le diverse lingue, noi ragazzi da soli o in coppia, si andava a Parigi, Londra, Francoforte a lavorare e a perfezionare la conoscenza della lingua sul luogo (erano i nostri Erasmus).
Per fare le lezioni sull’arte, don Lorenzo usava 120 diapositive acquistate nei vari musei europei. Per imparare il disegno tecnico si usava un moderno tecnigrafo ed anche una divisumma dell’ Olivetti. A fare educazione sessuale, invitò un ginecologo con queste parole “ritorni a Barbiana a fare una lezione di educazione sessuale ai miei ragazzi, però la deve fare con la stesso linguaggio e chiarezza con cui la fa ai suoi studenti all’Università”. Il ginecologo tornò con due grandi manifesti sugli organi sessuali che furono appesi sulla porta della scuola. Quando Eda vide i manifesti, incredula e preoccupata sbottò “ma don Lorenzo cosa diranno i ragazzi quando tornano a casa stasera?”, e Don Lorenzo con una battuta ironica rispose: “Eda, racconteranno che i bambini non nascono sotto un cavolo, ma questo i genitori già lo sanno”.
Nella scuola di Stato queste modernità di mezzi e questa apertura mentale, caro prof. Galli della Loggia, allora non c’erano. I ragazzi della scuola di Barbiana, sono stati in visita alla Scala di Milano, alla fabbrica Pirelli, allo Zoo e ai musei di Roma, Parigi e Londra.
Sulla modernità della didattica di don Milani ecco cosa scrive il MIUR in una circolare ai dirigenti scolastici e agli insegnanti: “La proposta della scuola alternativa realizzata a Barbiana ha portato a costruire una esperienza educativa che si contrappone all’impostazione della didattica tradizionale, fondata sulla lezione frontale, sulle interrogazioni e sull’uso acritico dei manuali. A Barbiana con disciplina e il lavoro costante, si leggevano i quotidiani e la Costituzione, si scriveva insieme costruendo il sapere all’interno di una relazione educativa tra pari” (Circolare del MIUR ai dirigenti scolastici e agli insegnanti del 5 giugno 2017).
E sulla modernità dell’azione pastorale di don Milani, ecco cosa scrive Il Cardinale Martini di Milano nel 1983: “A rendere Esperienze Pastorali ancora interessante e ricco di stimoli, è l’istanza della concretezza, espressa sia in forma positiva sia in forma polemica, attraverso la contestazione di tutto ciò che nel linguaggio e nell’agire ecclesiastico era astrattismo, formalismo, distanza dalla realtà quotidiana della gente, illusione sull’efficacia ripetitiva e stantia dell’azione pastorale. Don Milani visse all’insegna di un radicalismo evangelico che non voleva blandire nessuno, ne rendersi servo di alcuno”.
Problematiche diverse, ma comune è il riconoscimento di modernità e concretezza dei suoi insegnamenti.


Barbiana: “scuola confessionale”.
Nell’articolo di Galli della Loggia si legge ancora che “qualsiasi conoscenza esorbitasse dall’esperienza quotidiana dello studente, secondo la pedagogia di Barbiana, era intollerabile, nella visione di Don Milani l’istruzione non può che essere funzione dell’evangelizzazione”.
Per dimostrare quanto lei Professore sia fuori strada, le riporto un aneddoto accaduto quando io e Francuccio e Nevio eravamo in Inghilterra a lavorare e a perfezionare la conoscenza della lingua inglese. In quella circostanza don Lorenzo scrisse a Francuccio queste parole: “Io non ti ho mai invitato a credere ciecamente. Sai bene che, per esempio, la domenica mattina io vi leggo il Vangelo commentandolo solo con notizie storiche o linguistiche o con l’uso della ragione o con fatti di vita vostra e mia”. Durante tutti gli anni trascorsi alla scuola di Barbiana, io non ho mai visto un ragazzo spinto a partecipare alla Messa. Il Priore era rispettoso dei pensieri dei ragazzi, era un educatore anche sui temi religiosi. Storica resta la frase alla scuola di San Donato “vi prometto che vi dirò sempre la verità anche quando essa è scomoda alla ditta”. La scuola iniziò con 7 giovani dell’Azione Cattolica, dopo tre mesi erano 70, metà cristiani democratici e metà socialisti e comunisti. Cercare di denigrare la scuola di don Milani, come scuola a-moderna o ancora peggio come una scuola confessionale, è semplicemente ridicolo.

Don Milani “agli antipodi dei padri della Costituzione”.
Il Prof. Ricolfi scrive ancora: “In questa visione dei compiti dell’istruzione, Don Milani si situa agli antipodi del pensiero dei padri costituenti e in particolare di Piero Calamandrei. Don Milani, a differenza di Gramsci e Togliatti, non vedeva l’accesso alla cultura alta come strumento di elevazione e emancipazione degli strati popolari”. Per arrivare ad affermare che “la non cultura di Don Milani ha vinto, quella di Piero Calamandrei ha perso”.
Anche se non credo che la cultura alta di Gramsci e Togliatti sia la stessa di quella di Ricolfi, don Milani non era certo agli antipodi dei principi affermati dai padri costituenti, al contrario come testimoniano i 7 anni di scuola popolare a San Donato e i 13 anni a Barbiana, dopo il Vangelo per don Milani c’era la Costituzione.
Se lei fosse venuto a Barbiana a fare una simile affermazione, penso che avrebbe ricevuto lo stesso trattamento di quando qualcuno si permetteva di dire frasi come “Ma lei don Milani non rappresenta la Chiesa! non vede dove l’hanno esiliata?”. A questa affermazione, la risposta dura di Don Milani, la si leggeva prima sul suo volto tirato e livido, e poi nella risposta senza appello. “Fuori! Non abbiamo più nulla da dirci!”, perché mettere in dubbio la sua fedeltà alla Chiesa era l’offesa più grave che si potesse fare al Priore.
Riguardo a tutte queste accuse uscite sulla stampa contemporaneamente (costruite più sulla disinformazione che sul merito), mi chiedo se non siano finalizzate a giustificare l’attuale politica, per le difficoltà nel dare risposte concrete per migliorare il livello qualitativo della scuola italiana rispetto ad altri paesi europei. Un capro espiatorio culturale, per sottacere responsabilità dei governi passati e nascondere le difficoltà della classe dirigente attuale. Una simile operazione è già avvenuta con il cambio del nome da Ministero dell’Istruzione Pubblica a Ministero dell’Istruzione e del Merito. Da don Milani ho imparato che i problemi si risolvono con proposte credibili e sostenibili. La demagogia, insegnava, “crea facili consensi, ma non risolve mai un problema. Nella migliore delle ipotesi rinvia il problema, ma poi quel problema lo ritrovi ancora più difficile da risolvere”. Affermava inoltre che “il dirigente è colui che risolve i problemi”. Allora la propaganda si chiamava demagogia, oggi si chiama populismo.


L’ignoranza è una brutta bestia.
Un consiglio ai tre autori citati (Ricolfi, Galli della Loggia e Ferrari), e ai tanti altri che scrivono cose simili. Andate a rileggere le tre Lettere di don Milani: Lettera ai Cappellani Militari, Lettera ai Giudici e Lettera a una Professoressa. Consiglierei anche di leggere la Lettera ai ragazzi di Piadena, dove don Lorenzo spiegava la filosofia della scuola di Barbiana.
L’ignoranza, diceva don Milani, è una brutta bestia per i poveri, ma lo è ancora di più per i professori. La ricerca strumentale di capri espiatori non contribuisce né a mettere a fuoco le cause della crisi della scuola, né a ricercare soluzioni condivise, né a tenere elevato un dibattito su don Milani. La scuola di Barbiana ha consentito negli anni ‘60, a me come agli altri ragazzi, di acquisire un’ampia base culturale e di fare importanti esperienze in Italia e all’estero che mai avremmo immaginato di poter fare. Questo è un primo risultato importante da tenere ben presente.

L’ I CARE di don Milani.
Un secondo risultato, è l’I CARE di don Milani, scritto su una porta della scuola, ha insegnato al mondo una cultura di solidarietà e di impegno sociale. Ha insegnato che “La scuola è l’arte delicata di condurre i ragazzi sul filo del rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità, cioè il rispetto delle leggi, dall’altro il senso politico, cioè la volontà di leggi migliori”.
“La parola è la chiave fatata che apre ogni porta. È solo la lingua che fa eguale. Eguale è chi sa esprimersi e intende l’espressione altrui. Che sia ricco povero poco importa”.
“Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto fare le parti uguali fra diseguali. Una legge è giusta quando è la forza del debole, quando invece NON sanziona il sopruso del forte essi (i miei ragazzi) dovranno battersi perché sia cambiata”.
“Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica, uscire da soli è l’avarizia”.
“La povertà non si misura a pane, casa, caldo, ma sul grado di cultura e sulla funzione sociale. È chi vive una condizione di emarginazione che deve impegnarsi in prima persona per cambiarla”.
“Quando si sa di poter fare una cosa giusta e coraggiosa, anche se è rischiosa, la si deve fare, senza dover chiedere il permesso al superiore”.
“Il buon cristiano non può limitarsi a fare l’elemosina, ma deve impegnarsi a rimuovere le cause che tengono il povero, povero, e gli emarginati sottomessi”.
“La fede non è qualcosa da infilare alla prima occasione nei discorsi, ma un modo di vivere e di pensare”.
“I poveri e gli oppressi sono la mia patria. La grandezza di una vita non si misura dal luogo in cui si è svolta, ma da tutt’altre cose”.
“È la parola che fa sovrani, è la coerenza che rende credibili”.
Questi sono solo alcuni dei tanti insegnamenti imparati a Barbiana e dibattuti in questo centenario, in tante scuole, parrocchie, gruppi culturali ed università.


Il don Lorenzo Milani del Centenario della nascita.
Alla sua morte (1967), il personaggio don Milani era un emarginato, considerato dalla scuola un educatore assolutista, dalla Chiesa una campana stonata per questo esiliato a Barbiana, e dallo Stato un condannato per apologia di reato, reo di aver difeso gli obiettori di coscienza. Ci sono voluti 50 anni per capovolgere queste immagini negative che i nostri professori vorrebbero riproporre con i loro articoli.
Dopo la visita di Papa Francesco a Barbiana nel 2017, don Milani è stato considerato dalla Chiesa un profeta. “Un prete duro come un diamante che illumina il cammino della Chiesa”, così lo ha definito Papa Francesco.
Per la scuola italiana non è più un fustigatore assolutista, ma “un grande illuminato educatore, una guida eccellente, un ispiratore. Lettera a una Professoressa è una forza dirompente, un linguaggio forte, radicale nuovo, i principi del suo operato a Barbiana sono alla base di una scuola inclusiva”. Ad affermarlo è stato il Ministero dell’Istruzione.

Mattarella: Il merito è non perdere talenti preziosi.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nella visita a Barbiana per il Centenario della nascita (27 giugno 2023), ha colto l’occasione di collocare il tema del “merito” nell’ ottica della Costituzione e ha definito don Milani “Un grande italiano che, con la sua lezione, ha invitato all’esercizio di una responsabilità attiva”. Ha inoltre affermato che “Lettera a una professoressa ha rappresentato una lezione impartita a fronte delle pigrizie del sistema educativo e ha spinto a cambiare, ha contribuito a migliorare la scuola nel mezzo di una profonda trasformazione sociale del Paese”. E ancora ha ricordato a tutti che “Il merito non è l’amplificazione del vantaggio di chi già parte favorito. Merito è dare nuove opportunità a chi non ne ha, perché è giusto, anche per non far perdere all’Italia talenti preziosi se trovano la possibilità di esprimersi, come a tutti deve essere garantito”. Infine, altro autorevole riconoscimento è venuto dalla Presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, quando ha indicato l’I CARE di don Milani come motto per il Rinascimento europeo. A tutto ciò si aggiungono le 10.000 persone che salgono ogni anno a Barbiana, in prevalenza giovani, per conoscere e rivivere le emozioni di quella esperienza e per attualizzare il messaggio che ancora quel luogo sa donarci.
Aggiungo che il mese scorso, ho ricevuto il libro Lettera ad una Professoressa stampato in cinese. Come non pensare alla Lettera dall’oltretomba, riservata e segretissima ai missionari cinesi, scritta da don Lorenzo nel 1954. Questo è il don Milani che nei vostri articoli denigrate. Ma nonostante il mio dissenso, vorrei ringraziarvi per avermi dato la spinta a scrivere queste note di chiarimento.
Coloro che vorranno approfondire in modo serio l’eredità di don Milani mi vedranno sempre disponibile.

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