La “realtà come compito” per una scuola
che cerca risposte autentiche

Il nostro viaggio della Rete Barbiana 2040 oggi si è fermato a Napoli, nel quartiere di Scampia. Siamo ospiti di Ciro Corona, responsabile del centro “Officina delle Culture” intitolato a una giovane vittima di camorra, Gelsomina Verde, uccisa brutalmente quando non aveva ancora 20 anni.
C’è subito un fatto importante che va sottolineato e valorizzato: oggi qui a Napoli, a Scampia si sono riuniti docenti, insegnanti, dirigenti, operatori sociali e culturali che rappresentano una parte dell’Italia con una grande passione che accomuna tutti: è la passione educativa, la passione educativa per i bambini e i ragazzi che abbiamo davanti ogni giorno. E sarà questo contesto lo sfondo ideale all’interno del quale oggi si muoveranno e ascolteremo le parole di tutti.
L’incontro di oggi è fortemente legato alla felice nascita, che risale al 2013, in questo territorio sofferto, dell’idea del progetto Barbiana 2040. Da un territorio lacerato è nata un’idea grandiosa che è stata lanciata e che ha incontrato sul territorio nazionale qualcuno che poi l’ha raccolta, per dare risposta ai problemi e per trovare soluzioni, in contesti di realtà tra loro differenti.
Oggi qui davvero possiamo dire che si chiude un cerchio, un percorso decennale, per rilanciare e ripartire da un nuovo inizio.
Era il 2013 quando si è cominciato questo lavoro, con Ciro Corona e Giancarlo Costabile, e io ricordo di aver visto su youtube pagine di R-esistenza, con una lavagna di sfondo, su cui già compariva la scritta Barbiana 2040: tutto il progetto è partito da quel lavoro, poi gli incontri con le insegnanti, poi nelle scuole. E da questi incontri, dalle difficoltà incontrate, è cresciuta l’idea di farlo diventare una sperimentazione, una Rete di scuole, un Movimento di pensiero pedagogico attivo.
Oggi il Movimento chiude il suo cerchio, tornando da dove tutto è nato, ma per rilanciarlo. Perché questo progetto è ormai un Movimento che guarda proprio a chi nella scuola e nella società civile vede i problemi e cerca risposte. Perché, se oggi è l’aumento e l’inasprimento delle pene la risposta immediata che viene data ai problemi, che hanno alla base una carenza di politiche educative e giovanili, dentro alle quali l’emergenza è la dispersione scolastica, allora diciamo che è un modo sbrigativo di guardare alle urgenze, che vede solo tempi corti e che quindi è portatore di piccole idee.

Noi vogliamo guardare lontano, con idee grandi, in un modo diverso.

Sappiamo benissimo che la sfida educativa non si gioca nel breve termine. Si gioca nel lungo periodo e molto spesso proprio chi affronta la sfida educativa non vedrà i risultati, gli esiti delle sue azioni. Perché i risultati sono sempre lontani sia da quello che si poteva immaginare potessero portare sia nel tempo. Perciò, partecipare e far parte del progetto Barbiana 2040 significa compiere un atto di fiducia e di coraggio. Una fiducia nell’umano, rappresentato dai nostri bambini e dai nostri ragazzi seguiti nei loro contesti di realtà e territoriali. Ma anche di coraggio, perché richiede di uscire dalla nostra comfort-zone, in cui troppo spesso ci adagiamo per convenienza, per paura, per interesse spiccio, per piccole idee che guardano a tempi brevi e a piccole prospettive.
Oggi il sistema ci conduce infatti in questa direzione: siamo coinvolti in un sistema che ragiona secondo ritmi e tempi stretti, che chiede numeri e risultati subito come criterio e unico parametro di valore che conta.
E invece noi vogliamo ripartire da qui, da un concetto base: dal “principio di aderenza” alla realtà. Oggi nella scuola ci si sente dire: progettiamo un bel compito di realtà per ingaggiare i nostri ragazzi.
Ma noi dobbiamo invertire questi termini, cioè dobbiamo assumere la “realtà come compito”. È un approccio molto diverso. Che ci chiede di assumere la realtà in cui siamo con i bambini, con i ragazzi, con le loro famiglie, e con il territorio come compito della scuola. E insieme con le realtà associative con le quali ci interfacciamo sul territorio.
Da qui anche il titolo del nostro incontro di oggi, “Il territorio pedagogico, idee e prassi per una nuova educazione”, che non vede la scuola come un’isola nel territorio, una realtà staccata dal proprio contesto. Ma come una sorgente, un motore che va ad agire in questo sistema come attore della pedagogia del territorio, fino a realizzare una vera e concreta territorializzazione della didattica, della pedagogia educativa.

Ma che cosa significa assumere la realtà come compito? E quindi applicare il principio di aderenza e di infedeltà?
Don Milani diceva “Fate scuola, ma non come l’ho fatta io. Fatela come vi suggeriranno i contesti di realtà in cui vi troverete a insegnare e in cui vivono i vostri ragazzi”.
Quante scuole in Italia sono intitolate a don Milani? Più di 700. Ma in quante scuole lo spirito del “fare scuola” di don Milani, oggi vive, è una guida? Sono pochissime. Al di là delle innumerevoli celebrazioni e intitolazioni, ritornare a Barbiana significa per noi recuperare il senso originario di quell’esperienza unica e irripetibile, e rilanciarlo nella realtà della scuola di oggi per la formazione degli insegnanti, impegnati nel nobile scopo di forgiare i futuri cittadini.


Fra gli interventi del convegno di aprile a Sorisole di Barbiana 2040 a Sorisole, prima tappa del viaggio della nostra Rete per il centenario, c’è stato anche quello di un sacerdote, don Dario Acquaroli, responsabile della Comunità don Milani che accoglie minori e ragazzi stranieri non accompagnati che arrivano sul nostro territorio. Don Dario ci ha lasciato con una preziosa riflessione e sollecitazione: “Qual è l’insegnamento fondamentale di don Milani per me? Qui, adesso, amare chi abbiamo davanti”.
È in questo slancio che dobbiamo assumere la realtà come nostro compito. Non desiderare cioè l’incontro con altri ragazzi, ma desiderare l’incontro con i ragazzi e i bambini che abbiamo davanti. Questo è il vero punto di partenza.
Nel principio di aderenza alla realtà, la tecnica della scrittura collettiva va praticata secondo il principio di infedeltà e non pensando di replicare il modello Barbiana come lo faceva don Milani.  È così che si fa scaturire dal lavoro che si fa con il gruppo tutti quegli elementi di contesto, che a partire dalla cultura informale, ci aiutano poi ad accendere la motivazione nei nostri ragazzi, a far nascere un percorso e un progetto che abbia gambe capaci di sostenere la vita dei ragazzi, dei bambini e delle loro famiglie. Questo è il principio di aderenza alla realtà.
Nel laboratorio di scrittura si riattiva dell’uso della parola come strumento sia per rivelare la cultura informale, sia per ricercare la verità delle cose, sia per penetrare il reale nei suoi strati più profondi: si genera un processo autentico di riappropriazione della parola come qualità imprescindibile dell’umano.

Sappiamo che la parola, oggi, è deturpata, squalificata, vilipesa. Le parole sembrano non avere più peso e sostanza. Perfino chi dovrebbe parlare in veste istituzionale, spesso il giorno dopo si dimentica di quello che ha detto, o forse fa finta di dimenticarselo.
A maggior ragione oggi lavorare sulla parola significa ricreare l’aderenza fra la parola e il pensiero: “io parlo perché ho ragionato”. Dilatare i tempi, quindi, per entrare nel tempo Skolé, un tempo liberato dal giudizio e dalla pressione di scadenze non necessarie.
Un esempio: sappiamo che sono anni che a scuola non esistono più i programmi scolastici, almeno nel primo ciclo di istruzione. Eppure tutti ancora parlano di rispetto dei programmi. Oggi abbiamo i traguardi di apprendimento.
Ma allora perché tutti parlano ancora di programmi? È come se dentro alla scuola resistesse un volàno di inerzia che tende a riprodurre situazioni e schemi superati solo perché capaci di garantire un’apparente sicurezza. Più le cose cambiano, più sembra che ci ancoriamo al vecchio, a modelli superati anche dai tempi che viviamo, generando così una disfunzione totale.
E quindi, usando l’immagine pirandelliana della giara che Edoardo Martinelli, alunno di don Milani, riprende spesso nei suoi discorsi quando incontra gli insegnanti, se noi continuiamo a coltivare una perfezione tecnica della scuola inventando anche progetti sofisticati, finisce che restiamo prigionieri e chiusi dentro alla giara, che poi si dovrà spaccare per poterne uscire, portando alla fine educativa della nostra scuola.
Non è questo che vogliamo perseguire.


Dobbiamo scendere dalla rocca, uscire dal castello, rompere la giara. Dobbiamo scendere da cavallo per entrare nella realtà dei nostri ragazzi solo attraverso di loro, attraverso la loro cultura informale.
Dentro il tempo Skolè si recupera questa dimensione esistenziale del tempo. Perché oggi i nostri bambini e ragazzi, ma anche noi, viviamo in un tempo presente che sfugge continuamente, come fosse lo scroll dei nostri telefonini. E allora ecco il ritorno dei temi della Memoria, della Storia e della ricerca storica legate alle nostre esperienze, legate al territorio che diventano fondamentali così come diventa fondamentale il tema del futuro.
Oggi i nostri ragazzi non riescono a vedere e forse nemmeno a immaginare il loro futuro.
Insieme a loro dobbiamo avere lo sguardo preveggente e riuscire “a indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che vedranno domani”, per usare le parole di don Milani. Significa entrare in una dimensione esistenziale del tempo.
L’esperienza e il grande lavoro che stiamo raccontando oggi, non è il frutto dell’impegno di una singola persona. È molto di più. È il lavoro fatto dalla Rete. Quello che oggi ci raccontiamo è un’esperienza di ricerca pedagogica collettiva. È un’esperienza di intelligenza collettiva della realtà e dell’esperienza educativa, che abbiano percorso tutti insieme lungo l’intero anno, e non solo quest’ultimo:  insieme, attraverso il confronto, gli incontri, i laboratori, lo scambio dei progetti attuati da ciascuno di noi in classe e sui territori. In tutta Italia, lungo questo cammino del progetto Barbiana 2040.
Sono certa di un elemento: sul cammino di Barbiana si incontra un sacco di belle persone. E oggi, qui, ne abbiamo l’ennesima conferma. Non ho mai avuto alcuna smentita. E come disse, a ottobre, una nostra insegnante di Crotone, Rossella Frandina: “Don Milani non ci ha mai abbandonato”.
Lungo questo cammino, va detto, di sfide anche ardue ne abbiamo incontrate. A cominciare dalla prima: camminare con i nostri bambini e ragazzi affinché comprendano le sfide dell’oggi e del domani, e riescano a penetrare in profondità e non si fermino alla superficie delle cose.


Come può avvenire questo incontro?
In tanti modi: nei laboratori, negli incontri, applicando questo modo innovativo di fare scuola, che non è una tecnica spiccia. È un modo di essere, ce l’ha detto don Milani: “Non chiedetemi cosa fare, ma come bisogna essere per fare scuola”.
L’incontro avviene qui, assumendo l’errore, il difetto, il dolore, la sofferenza come rivelatori della persona. Come luogo autentico di incontro della persona che abbiamo davanti. E tutto deve essere predisposto per accoglierla. Non ghettizzazione, non classificazione, non ci servono screening di massa per vedere subito chi presenta un baco, un difetto. Non siamo alla ricerca del baco. Noi invece il baco lo vogliamo e lo cerchiamo, perché è quello che ci darà il punto di partenza per il nostro cammino educativo. Non è punto di partenza per puntare al ribasso. No, è un valore perché puntiamo al massimo. Proprio come ha fatto don Milani con Barbiana, come Edoardo Martinelli ci racconta sempre: quando don Milani è arrivato a Barbiana non c’era nulla, quando è morto la scuola di Barbiana era una scuola d’eccellenza, diremmo oggi. Questa è la nostra sfida per la conoscenza. Solo così si accende il desiderio della conoscenza.
Allora abbandoniamo l’idea della scuola come verificatoio. Mi viene sempre in mente una lettera straziante scritta da un ragazzo e diffusa qualche tempo fa da Daniela Lucangeli, e che diceva, nella sostanza: “Ehi, voi adulti, noi ragazzi siamo qui. Ma perché non ci vedete?”.
La nostra scuola è diventata sempre più un verificatoio. Con il Covid questa atmosfera è peggiorata, perché si è imposto un atteggiamento difensivo, e come ogni comportamento difensivo, non porta mai a un incontro autentico, mentre la relazione educativa si gioca solo sul terreno dell’autenticità dell’incontro, in una dimensione di reale autenticità.
Allora impariamo, come scuola, questo approccio. Come dirigenti, e oggi fra noi a questo incontro ci sono anche diversi dirigenti la cui presenza mi fa felice, sappiamo cosa nella scuola è previsto come obbligatorio e cosa non lo è. Tante volte i lacci e i vincoli che poniamo li mettiamo noi stessi, ce li autoinfliggiamo, ci carichiamo di pesi che poi alla fine ci tolgono energie per il lavoro autentico del maestro, del docente. Insegnare ai ragazzi è un lavoro che non potrà mai essere ridotto a dimensione impiegatizia, perché ha una base vocazionale importante da mantenere e alimentare. La scuola non è un ufficio di collocamento. Ha bisogno della dimensione educativa, ma stiamo attenti perché la vocazione educativa può essere anche oppressa e soppressa dalla scuola stessa, cancellandola. La scuola deve essere il  luogo in cui coltivare la ricerca educativa.
E noi, in questo, abbiamo una grande fortuna: siamo collegati all’università, collaboriamo con le università grazie all’impegno di Giancarlo Costabile, docente di Pedaogia dell’Antimafia all’Università della Calabria, e primo protagonista a lanciare questo progetto di Barbiana 2040. Grazie a questa collaborazione possiamo crescere con il loro sguardo pedagogico di alto livello, anche grazie agli incontri e scambi privilegiati e favoriti con docenti, professori, esperti di pedagogia. Questo ci permette sempre di arricchire il nostro orizzonte in una dimensione più ampia.


È anche qui che emerge l’importanza della Rete: diceva Ivan Illic che rete è un termine ambiguo, perché può essere strumento di cattura. Ma la nostra Rete rispecchia un’immagine di connessione, la nostra Rete è fatta solo di connessioni aperte, non è un luogo chiuso. Connessioni aperte e luogo di apertura e di accoglienza.
È uno strumento di aiuto reciproco, perché la condivisione dei problemi porta a soluzioni elevate. I bambini, per primi, lo hanno capito subito. Hanno capito che mettere sul tavolo il problema e affrontarlo insieme, porta a qualcosa di fantastico, a qualcosa che i bambini di Lamezia Termine hanno definito “una magìa”. E lo hanno percepito nei laboratori di scrittura collettiva, perché la somma del pensiero di due, di tre persone va ben oltre il risultato e la somma matematica. E questo è il primo valore della Rete.
Fare Rete significa anche creare una struttura di salvataggio rispetto a contesti e a realtà molto dure e difficili, dove da soli si rischia di soccombere, o di fare molta fatica. Insieme riusciamo a raggiungere un livello di scambio e di comunicazione che ci dà maggiori possibilità anche di essere ascoltati.
Essere scuola capofila significa avere un compito di servizio “dentro la Rete”.
Quando questo viaggio del centenario è partito, nell’ottobre del 2022 dal convegno di Borgo San Lorenzo, eravamo in una situazione critica: si viveva in perenne emergenza, post-pandemica, climatica, di crisi idrica, bellica, energetica, di difficoltà economica. Ma la vera emergenza di oggi, la più drammatica per noi, è l’emergenza umana, l’emergenza demografica nella quale più che mai non possiamo più permetterci di perdere nessuno dei nostri bambini e dei ragazzi, di ogni colore e provenienza. Dentro a ciascuno di loro c’è anche il nostro futuro, ma soprattutto c’è il loro.

E allora se queste sono le emergenze, come fronteggiarle?
Dentro Barbiana 2040, ci sono le chiavi per affrontarle, e ci sono le leve di soluzione per far scaturire dai problemi strumenti di soluzione e chiavi di superamento, attrezzi per costruire un’idea di futuro anche del territorio. Non in modo isolato, ma in stretta connessione fra noi.
Il 2023, dicevamo allora, sarà “un anno di semina e di raccolto”. E oggi posso dire che è stato un anno per noi di grandioso raccolto. Abbiamo fatto più di quello che ci sognavamo di fare. Ed è per questo che bisogna sognare, e condividere i sogni, perché quasi sempre si va oltre il sogno stesso.
È successo anche a me: quando ho incontrato sulla strada di Barbiana, Edoardo Martinelli, mi sono detta: voglio portarlo nella mia scuola, a Sorisole. Era un sogno che  è diventato realtà perché è stato voluto da diverse persone. La volontà comune, condivisa, può realizzare ogni sogno.
Lo stesso vale per il nostro Manifesto, il nostro insieme di principi e di valori. Ma chi l’ha scritto? Lo ha scritto la Rete. È il prodotto di una scrittura collettiva di tutti noi. È la stessa dinamica che si verifica con i testi scritti dai bambini quando il genitore, di fronte a uno scritto, chiede: ma chi l’ha scritto? Non c’è più una sola persona che lo ha scritto, l’abbiamo scritto insieme, e diventa patrimonio comune. Come la nostra Costituzione, la prima scrittura collettiva, diceva don Milani.


Ma torniamo a Napoli, qui a Scampia dove è evidente come la vera emergenza sia quella umana. Anni fa avevo parlato intuitivamente della favola del pifferaio magico: c’è un mondo di adulti che si dimentica dei bambini. E senza i bambini significa che la società si dimentica di guardare al futuro.
Perché non c’è più questo desiderio? Perché oggi i figli si concepiscono e vengono considerati come “affari della famiglia” e basta. Lo si vede nelle politiche messe in campo non solo negli ultimi giorni, che  non guardano a ridisegnare o a rafforzare politiche educative e interventi mirati sul territorio, dentro a queste voragini educative.
Di recente, per illustrare il progetto Barbiana 2040, a Sorisole abbiamo incontrato Damiano Previtali, perché volevamo capire meglio quale prospettiva possiamo avere, come scuole della rete. Previtali è bergamasco, quindi è stato anche facile, e devo dire che si è accesa subito una sintonia.  Previtali ci ha parlato di un ministero che, su indicazione di un’Europa e di un mondo intero, sta andando nella direzione di considerare solo  ciò che è misurabile. L’Europa prende in considerazione, anche a livello educativo, interventi e azioni che sono solo misurabili. Ciò che non è misurabile, è come se non esistesse.
Ma noi sappiamo che a livello educativo è proprio ciò che non è misurabile, quello che conta di più. Non possiamo lasciarci schiacciare da questo modello che va a incasellare tutto, ma soprattutto che inibisce la crescita, la trasformazione dei ragazzi in persone.

Ci ha parlato di un suo libro, Previtali, “La scuola mediterranea”.
Dentro a queste pagine c’è uno spunto che ho molto apprezzato e che voglio condividere: tutta la scuola italiana – si dice – ha un debito importante di riconoscenza nei confronti dei docenti delle periferie e di quei luoghi di desertificazione educativa perché rappresentano luoghi di frontiera. Sono luoghi in cui si gioca l’autenticità dell’umano. È lì dentro che si configurano delle riserve di conservazione della capacità della scuola di creare e dare spazio e sviluppo alle competenze non misurabili della persona. Competenze che oggi anche in ambito economico ci si accorge stanno invece diventando le più importanti.
In questo si può cogliere la contraddizione del sistema. Nessuno cerca più l’outsider, il fuoriclasse, il massimo esperto che da solo sa fare tutto: oggi si cerca la capacità di collaborare, la capacità di creare un team che si confronta, che sa condividere, di persone capaci di creare un clima favorevole allo scambio e alle relazioni fra persone.
Come facciamo a creare queste condizioni nella scuola? Certo non facendo della scuola un verificatoio. Attraverso i nostri laboratori di scrittura collettiva sì, allora la scuola diventa una vera palestra di democrazia.
I ragazzi in questa dimensione vivono realmente l’alfabeto del Noi, vivono l’idea che con l’ecologia del pensiero non si butta via niente. Maciniamo tutto, ragioniamo ogni pensiero, ne facciamo un patrimonio comune. Allora è lì, in quel  momento, che tutti sentono di essere riconosciuti per ciò che sono, di avere un posto nel gruppo, un ruolo, e si sentono valorizzati.
Previtali lancia la proposta di un nuovo paradigma mediterraneo della scuola, come luogo  dove si esercitano e si sviluppano le competenze non misurabili che sono le vere competenze della persona, non le competenze per la scuola, non per le imprese, non per la vita. Per la persona. Sviluppare le competenze per la  persona significa sviluppare la capacità di prendere decisioni autentiche, e non senza aver riflettuto, non senza aver collegato il pensiero alla realtà dei fatti.
Il rischio oggi è di arrivare a un mondo di app che ci semplificano tutto, ma con il rischio di toglierci la capacità di ragionare. Questa capacità invece noi dobbiamo mantenerla salva. In questo paradigma, il Mediterraneo diventa un luogo dell’anima, un luogo di bellezza e di cultura, di socialità e di gusto. Un luogo all’interno del quale il mito di Odisseo, che ha sempre sete di ricerca, prende vigore. È dove si respira una cultura calda, accogliente, aperta anche se ferita.

È dagli stessi principi che è nata e oggi rinata Barbiana 2040. Anche attraverso il territorio fervido, è rinata una realtà di didattica, di pedagogia, di educazione territoriale. Voluta dal territorio,  non con modelli trasferiti e imposti, che non solo non attecchiscono, ma generano solo dipendenza.
Sul fronte della lotta alla dispersione scolastica l’Europa sta spendendo enormi quantità di denaro senza sortire alcun effetto, proprio perché è sbagliato il metodo. Non si cala dall’alto, non si importano modelli educativi, che invece devono essere generati dal territorio, applicando il metodo di don Milani come sistema di valori. È così che si salva e si riporta al centro la persona. È così che si può rivivere la scuola come luogo in cui si lavora con le idee. Tutto questo è un grande privilegio: la scuola allora diventa una fucina di ricerca per la composizione educativa ed epistemologica della complessità del reale. Il reale è complesso. Il nostro mestiere è molto complesso, ma è una sfida meravigliosa e noi dobbiamo riprenderci il piacere del nostro mestiere.
Dentro la Rete si vive questo spirito dell’avventura non solitaria, e anche nello sconforto si condivide lo sconforto, si va avanti, si va oltre. Dalla crisi condivisa nasce il suo superamento.
Con questa prospettiva e solo attribuendogli questo senso, il progetto educativo, trasformativo e rifondativo di una nuova scuola, Barbiana 2040 può diventare ancora di più una grande occasione per tutti coloro che nella scuola sentono i problemi e cercano risposte autentiche.

GUARDA E ASCOLTA L’INTERVENTO DI RITA FUMAGALLI,
DIRIGENTE IC SORISOLE SCUOLA CAPOFILA RETE BARBIANA 2040

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