Sta a noi avere il coraggio
di alzare gli occhi e guardare le stelle…

È al centro di grandi riflessioni e dibattiti, la solenne festa in occasione della fine del mese di Eid al Fitr, meglio conosciuta come la festa di Ramadan che per i fedeli musulmani è il cuore dell’anno: tempo forte per la promozione della loro singolare pratica religiosa e di condivisione di valori spirituali. Il rigoroso digiuno dall’aurora al tramonto è uno dei cinque pilastri dell’Islam e, come commenta la storica guida del centro islamico di Bergamo Mohamed Saleh in una recente intervista rilasciata a BergamoNews, «è un’occasione importante per liberarsi delle false conquiste quotidiane e risanare il lato spirituale». In particolare, a seguito della decisione, operata nel pieno rispetto delle normative vigenti da ormai venticinque anni circa l’autonomia scolastica, dell’Istituto Comprensivo “Iqbal Masih” di Pioltello, di sospendere l’attività didattica nel giorno di conclusione del Ramadan.

Se da una parte i rappresentanti delle famiglie islamiche riconoscono un «gesto di comprensione e accoglienza» (10 Aprile 2024 di Andrea Desideri, Milano.Cityrumors), dall’altra parte si è sollevato un polverone politico che a fatica riesce a ritrovare la vitale serenità, soprattutto in un contesto in cui le sofferenze e i numerosi lutti affliggono le popolazioni cristiane e musulmane, negli attuali conflitti infuocati tra Israele e Palestina. Giustamente, la questione si è ricollegata alla riflessione per la pace e la salvaguardia del bene comune, ma in queste poche righe vorrei soffermarmi su ciò che sta alle fondamenta di una sana convivenza per iniziare seriamente a deporre le armi e  ricostruire ponti di umanità nella «prospettiva di un nuovo umanesimo». (Indicazioni nazionali e nuovi scenari, § 9).

Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, attraverso una nota del 10 Aprile 2024 pubblicata sul sito istituzionale del Quirinale, nel rivolgere un augurio a quanti professano la fede islamica, ci ricorda: «la Costituzione ci ricorda che tutte le confessioni religiose sono libere davanti alla legge, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. La libertà religiosa è uno dei fondamenti della convivenza, riconosciuta dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite. La promozione del mutuo rispetto tra fedi e culture, elemento della coesione sociale della nostra comunità, sollecita l’esercizio di una responsabilità condivisa per il bene comune».


Spesso e volentieri, noi docenti ci troviamo a declinare le “Linee guida nazionali” per la stesura dei curricoli e delle programmazioni all’interno del contesto socio-culturale in cui la stessa scuola è inserita: concretamente significa tener conto della realtà in cui gli alunni e le alunne vivono. Io stesso, propongo ai miei studenti, seppure dello stesso istituto comprensivo, attività diverse nei singoli plessi in quanto la cornice demografica spesso richiede, per sua stessa natura, un ripensamento, un’elasticità  e un attento adeguamento, che non rimanda direttamente a rinunce anche se all’apparenza potrebbe sembrare ad occhi poco attenti e menti stolte, per meglio favorire la crescita umana della persona nella sua complessità: «è la scuola dell’attenzione e dell’intenzione» (Indicazioni nazionali e nuovi scenari, § 4).
È in questa prospettiva che «ogni anima è un universo di dignità infinita», come scriveva don Lorenzo Milani in Esperienze pastorali, e per questo va accolta e valorizzata in quello che offre e condivide proprio grazie alla sua provenienza, alla sua storia, alle sue difficoltà, ai suoi punti di forza: tutti abbiamo una potenza interna capace di generare del bene, esattamente come un ramo di una pianta che all’apparenza sembra essere un semplice numero insignificante durante il silenzioso tempo invernale, ma quando sente il calore del sole e l’aria primaverile sprigiona tutta la sua forza generatrice che parte dalle radici della propria storia.
Ebbene, abbiamo una forte necessità di creare un ambiente caloroso in cui circola aria buona e ossigenata: apriamoci all’altro senza pregiudizi e sarà la stessa azione di aprirsi, che farà entrare gratuitamente ossigeno capace di riempire la nostra mente di nuova umanità. Questo impegno urgente non può e non deve essere delegato alla sola “istituzione scuola”, ma tutti siamo coinvolti, in ogni compito che portiamo a termine all’interno di qualsiasi piccola o grande istituzione, civile e religiosa, della nostra società.


Pur con le loro differenze, le diverse religioni che pervadono le nostre quotidianità «riconoscono l’esistenza e l’importante ruolo della coscienza» (Messaggio del Dicastero per il Dialogo Interreligioso ai Musulmani, 15 marzo 2024). Per questo motivo, prosegue il testo, «formare le coscienze al rispetto del valore assoluto della vita di ogni persona e del suo diritto all’integrità fisica, alla sicurezza e ad una vita dignitosa contribuirà parimenti alla condanna e al rifiuto della guerra»: una guerra non combattuta solo con armamenti ma soprattutto con le parole che spesso sfociano in accuse capaci di ferire più di qualunque altra arma.

«Oggi non c’è tempo per l’indifferenza. Non possiamo lavarcene le mani, con la distanza, con la noncuranza, col disinteresse. O siamo fratelli, o crolla tutto. È la sfida del nostro secolo» (Videomessaggio di Papa Francesco per la Prima giornata internazionale della fratellanza umana, 2021). Lo stesso pontefice, nei diversi discorsi pronunciati in occasione della sua visita a Ur, la città di origine di Abramo padre nella fede per ebrei, cristiani e musulmani, propone e attua non un approccio che scorda le differenze e le identità per appiattire tutto; bensì una chiamata ad essere fedeli alla propria identità religiosa, per rifiutare qualsiasi strumentalizzazione della religione al fine di fomentare odio, divisione, terrorismo, discriminazione, e al tempo stesso testimoniare nelle società sempre più secolarizzate che abbiamo necessariamente bisogno di Dio.

In poche parole è la proposta di camminare fianco a fianco, “fratelli tutti e sorelle tutte”, per essere concretamente artigiani di pace e di giustizia, al di là delle differenze e nel rispetto delle relative identità. La rotta indicata è quella di seguire le orme di Abramo che guardò il Cielo e camminò sulla terra. Lo stesso sono chiamati a fare i credenti di ogni religione oggi: non dimentichiamo che «fu proprio attraverso l’ospitalità, tratto distintivo di queste terre, che Abramo ricevette la visita di Dio e il dono ormai insperato di un figlio. Per questo ci dobbiamo impegnare affinché la famiglia umana diventi ospitale e accogliente verso tutti i suoi figli; che, guardando il medesimo cielo, cammini in pace sulla stessa terra. Sta a noi avere il coraggio di alzare gli occhi e guardare le stelle, le stelle che vide Abramo, le stelle della promessa» (Papa Francesco Incontro interreligioso a Ur, 2021).

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