Come “fare scuola” oggi: perché il cambiamento è così difficile?

Tante volte mi sono chiesta perché nella scuola ci sia così tanta “resistenza” al cambiamento, perché tutte le teorie e le pratiche definite “innovative” vengano guardate da molti docenti in modo scettico, da altri,  anche in modo benevolo ma comunque distaccato, perché pronti ad addurre svariate giustificazioni della impraticabilità delle stesse:

… e ma ci vuole troppo tempo
… i colleghi non collaborano
… e poi chi li sente i genitori?
… la mia classe è troppo numerosa, troppo agitata, troppo spenta
… ho tanti PDP, come faccio?


E così si rischia di restare immobili in una lamentazione stagnante  che si gonfia sterilmente.
Alla ricerca di possibili risposte, mi sono imbattuta nella lettura di alcuni testi di Marco Orsi, formatore, saggista, ideatore delle scuole Senza Zaino, presidente dell’associazione Senza Zaino, che mi hanno offerto interessanti chiavi di lettura di questo fenomeno “forte e pervasivo”.
Certo, cambiare un’organizzazione complessa  com’è la scuola, significa modificare gli assunti di base, “scongelare quanto è sommerso, dato per scontato, portarlo alla luce, renderlo flessibile, per poi inserirlo in un più ampio processo di costruzione e ri-costruzione della comunità scolastica”. (Marco Orsi. Scuola, organizzazione, comunità, La Scuola, Brescia, 2014).

È pur vero che si è pronti a cambiare solo quando ci si mette in discussione, quando si sente la necessità, il bisogno di “fare scuola” in un modo diverso, perché quello che si è fatto fino a quel momento non funziona più.
Ma finché non verranno messi in discussione quegli aspetti “congelati” che guidano i pensieri impliciti e profondi, il cambiamento sarà solo di facciata.
Ma pur ammettendo la crisi attuale,  perché è così difficile mettere in discussione questi assunti di base?
La risposta, Marco Orsi la individua nel carattere avvolgente della scuola: “Si tratta del fatto che i docenti e i presidi hanno un’esperienza esistenzialmente avvolgente della scuola” .


È come se i docenti rimanessero avvolti nell’acqua (reminiscenza del tranquillizzante liquido amniotico?) senza far entrare il mondo esterno, così che la scuola assume sempre più un carattere avulso, lontano dal mondo reale.
Si è sempre fatto così, perché cambiare?
L’impermeabilità che fa perdere la sensibilità e il contatto con l’ambiente di riferimento, dal quale la scuola dovrebbe invece prendere risorse e rilasciare prodotti.
Invece sembra che resti ferma, mentre tutto attorno continua a modificarsi e a cambiare rapidamente.
A questo proposito Orsi parla di un “pachiderma liquido”, ad indicare un’organizzazione molto grande, appesantita da logiche burocratiche che assumono più importanza degli obiettivi da raggiungere.

La soluzione?
Forse una sola soluzione non esiste, ma quello che può fare la differenza sta nel provare a fare come il delfino: mettere la testa fuori dall’acqua per prendere consapevolezza, vedere cosa c’è al di fuori.
Nella scuola “Essere delfini ci può consentire allora di decifrare quel qualcosa di indecifrabile, ci aiuta a prendere le distanze senza chiudere i ponti, ci fa capire l’acqua senza rifiutarla”.
Non si rinnega quello che è stato il sistema formativo attuato fino ad oggi, “mettere la testa fuori dall’acqua” significa essere capaci di allargare lo sguardo al mondo, alla società in cui la scuola è inserita per comprendere quale ruolo essa debba avere oggi. Permette di avere uno sguardo, una visione diversa sulle dinamiche che si creano, sulle caratteristiche che presentano oggi i bambini e le famiglie. I progressi che avvengono nel mondo del lavoro, nelle scienze, nelle nuove tecnologie, devono coinvolgere anche il mondo scolastico, il luogo in cui trascorrono la maggior parte del tempo i bambini.

Combattere contro il carattere avvolgente della scuola-pachiderma, cercare di fare entrare nella scuola il mondo reale dando alle esperienze scolastiche un carattere di autenticità, fare dell’apprendimento un’esperienza condivisa per realizzare un sapere co-costruito, pensato e materiale: queste sono alcune possibili piste percorribili per cercare di innescare quel cambiamento, l’innovazione che permetta alla scuola di saper rispondere ai bisogni formativi e di crescita delle nuove generazioni, permettendo loro di sviluppare e allenare abilità, conoscenze e competenze con cui far fronte alle sfide del futuro, all’interno di una società interconnessa, dinamica e liquida.

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