
“Dal fogliolino alla classe. Scrivere insieme la scuola. Mettere al centro la scrittura collettiva come pratica viva”.
Sarà questo il titolo del nostro viaggio dentro Barbiana 2040: ogni due settimane una guida per docenti, insegnanti, educatori.
La scuola è chiamata a cambiare, non domani: oggi.
Per questo abbiamo scelto di intraprendere un percorso di approfondimento e di formazione proprio ora, all’inizio d’anno scolastico, viaggio che, capitolo dopo capitolo, ci accompagnerà dentro il libro “Insegnare è/a vivere. La sfida pedagogica di Barbiana 2040”.
Sono un testo e una guida, insieme, scritti da Rita Fumagalli, Elena Bagini e Rosaria Di Gaetano, tre docenti della Rete nazionale di Scuole Barbiana 2040, libro che riprende e rilancia la tecnica e la pedagogia della scrittura collettiva di don Lorenzo Milani come strumento vivo per la scuola del presente e del futuro.

Iniziamo a presentare anche questa parte pensando a una immagine. E allora immaginiamoci quanto possa essere profondo il silenzio di una classe di alunni concentrata a leggere e a riflettere sul significato di una serie di parole scritte che ha davanti. Alunni in silenzio, pensierosi, riflessivi. Ma tutti pronti, qualche attimo dopo, a scambiarsi i significati personali colti in quelle parole, le interpretazioni, le letture proprie capaci di trasformare quelle parole in un pensiero il più possibile condiviso, che metta cioè tutti d’accordo. Prendere un fogliolino, scriverci sopra la propria frase o una semplice parola, metterla sul tavolo e confondere il proprio fogliolino con quello di tutti gli altri compagni. E poi vedere lentamente nascere una voce che li comprende tutti, una “voce collettiva”.
È qui, in questo semplice passaggio che inizia la “rivoluzione pedagogica” proposta dal nostro libro. Quest’ultima parte che raccontiamo in questa puntata ci porta dentro al momento più pratico della scrittura collettiva: non è teoria fine a sé stessa – ripetono le nostre autrici, Elena Bagini, Rosaria Di Gaetano e Rita Fumagalli – ma è pratica quotidiana con regole, processi e obiettivi, pensata per restituire centralità alla parola come strumento di pensiero e di comunità.
E allora, cominciamo a scrivere
La sezione intitolata “Cominciamo a scrivere” mette subito in chiaro che l’avvio non è un rituale formale, ma un vero laboratorio: si parte da materiali poveri, i fogliolini, semplici strisce di carta spesso recuperata da fogli destinati al cestino. Poi c’è la domanda-lancio della discussione, o quel motivo occasionale che l’insegnante-regista ha colto fra le parole degli alunni e che diventa il primo mattone per costruire un percorso. Le docenti e autrici della parte metodologica del libro, Elena Bagini e Rosaria Di Gaetano, richiamano l’importanza del setting ella classe, che sia ben curato: tavolo, disposizione a ferro di cavallo degli alunni, la figura dell’insegnante-regista, tutto per favorire l’ascolto, la circolarità delle idee di tutti e la sospensione del giudizio.
Andando nel pratico, in queste pagine del libro si segnalano questi accorgimenti:
- Scegliere un destinatario reale del testo collettivo (pensare, cioè, a un lettore concreto).
- Utilizzare il fogliolino come strumento democratico: tutti scrivono, tutti contribuiscono alla pari a ostruire un coro di voci.
- Garantire tempi uguali di parola e di silenzio: ricordiamo sempre che la scrittura collettiva richiede skolè, cioè tempo disteso di ricerca e pensiero.

Dalla parola al testo: il valore del processo
Il libro descrive con molti dettagli operativi le fasi del processo avviato: dopo la scrittura dei fogliolini, si passa alla loro raccolta, alla lettura ad alta voce di ciascuno, quindi alla selezione condivisa (eliminando i doppioni). Seguono trascrizione e rielaborazione.
Le scelte non sono arbitrarie: l’insegnante-regista modera il dialogo socratico, stimola l’attenzione alle sfumature delle parole utilizzate e ascoltate, propone esercizi linguistici come la ricerca etimologia, i sinonimi, i campi semantici per far maturare la parola da “briciola a idea comprensibile e articolata”. Questo passaggio è un altro dei passaggi cruciali del processo di scrittura collettiva, perché ha la forza di trasformare la cultura informale degli alunni e studenti in pensiero esplicito, comprensibile.
Qui emerge il valore didattico del processo, spesso invece contestato perché non colto da una certa parte di docenti più tradizionali: è l’intera classe, cioè tutti gli alunni insieme, che discutendo e confrontandosi sul significato profondo di ciascuna parola agiscono da “lente correttiva”: errori, imprecisioni o affermazioni spontanee diventano materia utile per richiamare l’intero gruppo al rispetto della regola, grammaticale o lessicale. L’errore, qui, non è stigmatizzato, ma valorizzato come occasione di apprendimento. È un punto questo, che rimanda direttamente ai principi elencati del Manifesto della Rete e al valore pedagogico dell’atteso imprevisto.
Dialoghi socratici: purché il tempo sia liberato per pensare
Le pagine del libro, in questa parte riprendono per insistere molto sul concetto di tempo skolè: uno spazio-tempo scolastico distinto da ogni altra attività, ma esclusivamente dedicato alla ricerca, alla curiosità, all’approfondimento e al dialogo. I dialoghi socratici tra alunni, guidati e sollecitati abilmente dal docente, sono parte portante e integrante del processo: non si cercano risposte definitive, ma rilanciano domande ogni volta.
Qui la sentenza delle nostre autrici-docenti è categorico: “Questo tempo non “toglie” ore alla didattica: le trasforma”.Il messaggio e l’indicazione che emergono delle docenti è fortemente operativo. E categorico: programmare tempi e spazi per fare skolè in maniera regolare (anche poche ore distribuite nel tempo) può cambiare la qualità dell’apprendimento e della partecipazione. “La scrittura collettiva diventa lo strumento che rende visibile e documentabile il pensiero che emerge proprio in questo tempo”.

La valutazione si rivoluziona: dal voto al valore
La parte dedicata alla valutazione è una delle più innovative che viene proposta per “riscrivere” una didattica al passo con i tempi tecnologici. L’approccio che viene suggerito riflette un concetto molto “narrativo”: la valutazione non come giudizio, ma come racconto del percorso seguito dallo studente, dalla sua consapevolezza dei passi avanti, dei cambiamenti linguistici, della maturazione del suo modo di pensare. E l’invito che esplicitano Elena Bagini e Rosaria Di Gaetano rivolgendosi ai docenti è la necessità di un vero e proprio cambio di sguardo: basta, dicono, con il misurare il prodotto finale del lavoro dello studente. Ma privilegiare l’osservazione sul processo che è stato seguito dall’alunno. Qui sta il valore educativo della scrittura collettiva, non è sicuramente nella perfezione del testo scritto, ma nella crescita che ciascun alunno dimostra nel percorso di elaborazione del pensiero insieme a tutti gli altri compagni.Da quantitativa a qualitativa, il salto della valutazione è solo questo. In sintesi lo schema che suggeriscono le autrici segue questo ordine:
I passi da compiere per iniziare a lavorare in classe
E allora quel “Cominciamo a scrivere” con cui si chiude l’ultimo capitolo non è solo un invito, ma è soprattutto una sollecitazione a osare, a sperimentare l’innovazione. Non è solo l’inizio di un laboratorio, ma di un modo nuovo di fare scuola, esattamente come la scuola sta richiedendo. È un “processo” più che un metodo, va sempre ricordato, capace di “restituire senso all’insegnamento” perché rimette al centro la parola e il pensiero condiviso frutto di un confronto e dialogo continui, processi e veri motori dell’apprendimento.
La conclusione del capitolo, affidata sempre a Bagini e Di Gaetano, è in realtà una guida concreta e immediatamente operativa per i docenti che vogliono iniziare a sperimentare la scrittura collettiva nella propria classe.
E allora, in conclusione, quanto meglio c’è se non suggerire se non una sorta di road map per sintetizzare passo dopo passo le quattro direzioni operative fondanti dell’intero percorso e processo della scrittura collettiva. Eccola:
- Iniziare in piccolo, ma con cura.
Non serve rivoluzionare tutto: bastano due o tre ore, una domanda-lancio, dei fogliolini e la disponibilità ad ascoltare. L’essenziale è garantire un clima di fiducia e di sospensione del giudizio. - Documentare ogni fase.
Scrittura collettiva significa rendere visibile il pensiero in divenire: raccogliere le parole, le bozze, le mappe, le revisioni. Ogni documento racconta la costruzione di senso che avviene in classe. La documentazione non è burocrazia, ma memoria pedagogica. - Restituire pubblicamente il lavoro.
Condividere il testo finale con altri (studenti di altre classi, genitori, enti del territorio) è un atto educativo: restituisce dignità e valore alla parola dei ragazzi e fa comprendere che la scrittura è sempre un atto sociale. - Collegarsi alla Rete Barbiana 2040.
Le autrici invitano a non restare isolati: la Rete fornisce formazione, strumenti, tutoraggio e occasioni di scambio tra scuole. Portare in classe il metodo significa anche inserirsi in una comunità di pratiche che sostiene e rinnova continuamente la didattica.
4 – Fine
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