La storia della nostra storia: è nato un libro dai nostri fogliolini

La maestra Elide mi ha chiesto di raccontare per questa newsletter la storia della nostra storia.
(Il racconto è diventato un libro “LA REGINA E GLI AMICI DELLA FORESTA” scritto dagli alunni e che potete scaricare e leggere al fondo di questo articolo).

Tutto è cominciato per colpa delle tende.
La nostra scuola è bellissima, tutta nuova ma… non ha le tende. Questo a volte ci causa un po’ di disagio perché abbiamo una intera parete a vetri e, la mattina presto, il sole negli occhi può essere molto molesto. Per questo motivo ho sollecitato la mia classe, i germogli, una prima (23 bambini, 11 di origine straniera, due anticipatari, uno certificato), a trovare una soluzione. Abbiamo appeso dei pannelli di carta, ma erano tristissimi: dovevamo dipingerli, ma dipingerli come?
Una mattina è stato trovato un foglietto abbandonato su un banco: consultandosi tra loro sono riusciti a capire che si trattava dell’inizio di una storia, si parlava di un gatto. Dopo aver negato la paternità del foglietto ho chiesto come finisse la storia del gatto, ero curiosa… e così dopo aver controllato che non ci fossero in giro altri foglietti abbiamo deciso di scriverla noi, la storia del gatto. Questo è stato il nostro punto di partenza. Con la collega Alice abbiamo realizzato i pannelli e scritto la storia che, alla fine, era di poche righe ma, quelle poche righe, ci hanno dato sicurezza.

Prima di Natale mi è capitato per le mani un albo, Il piccolo B, e un giorno, in un ritaglio di tempo, ho pensato di leggerlo ai miei germogli: non riuscivo a leggere, gli scrosci di risa erano inarrestabili. Ho pensato che piacesse. E quindi ho proposto di offrire a tutta la scuola, durante lo spettacolo di Natale, un’opera così meravigliosamente ridicola (ogni tanto anche io sento il bisogno di un po’ di leggerezza durante le vacanze di Natale). Ogni bambino ha disegnato una pagina e ne ha rielaborato il testo in una piccola frase che poi ha letto durante lo spettacolo. L’esito non è stato così fragoroso come avevamo previsto ma abbiamo raccolto un discreto successo.


A questo punto eravamo lanciati e il passo verso la carriera autoriale era ormai stato fatto.
All’inizio di febbraio dopo l’ennesima vanteria sul libro di ll piccolo B, che sostenevano di aver scritto loro, ho chiarito che il libro era stato scritto da Mr Agee e che loro al massimo lo avevano copiato e che però un libro, se volevano, potevamo scriverlo davvero. Volevano. Allora siamo partiti.

Primo passaggio: casting.
Ogni bambino ha disegnato un personaggio, ha scelto un nome e poi lo ha descritto con alcune frasi, lo ha presentato ai compagni e infine (su una scheda con tutte le figurine e i nomi dei personaggi) hanno votato e scelto sei personaggi (un classico). Ci sono state alcune contestazioni, polemiche ma alla fine il sestetto uscito dalle urne è stato confermato (Zog, il mio preferito, non ha preso nemmeno un voto) e, per fortuna, includeva anche un personaggio cattivo.

Secondo passaggio: scenografia.
Dovevamo scegliere due ambienti in cui sviluppare la nostra storia. Ognuno ha scritto su un biglietto il nome di un luogo che gli sembrava adatto e poi ha provato a convincere i compagni a votarlo. Sono usciti vittoriosi il castello e la foresta (tra gli esclusi lo spazio ma confido che potremo usarlo per la prossima avventura). A questo punto ci siamo divisi in due gruppi (potendoci avvalere della collaborazione della collega Giorgia in compresenza) e ogni bimbo ha scritto su un fogliolino la sua idea, questa volta applicando fedelmente il metodo donmilaniano (di solito ce ne serviamo in modo un po’ elastico). Le descrizioni uscite dai fogliolini e dal conseguente dibattito erano molto promettenti.


Il passo successivo è stato l’incipit: ho chiesto ad ognuno di immaginare come sarebbe cominciata la storia e, anche qui, il raccolto è stato incoraggiante: abbiamo ottenuto spunti non solo per l’inizio ma per più di metà della storia. Ci siamo resi conto che lavorare con tutto il gruppo classe era impossibile, i bambini si sono quindi alternati nelle varie mansioni divisi a gruppi.
Il lavoro da fare era molto: sistemare la storia, già scritta a grandi linee ma in qualche punto lacunosa o incoerente; scegliere il titolo, scritto sui fogliolini e poi votato a maggioranza, e preparare le illustrazioni e la copertina.
Utilizzando le ore di compresenza con la collega Pina, ho diviso il racconto già pronto in sezioni (le future pagine del libro), ho preparato dei fogli stampati che riportavano i testi e li ho consegnati, insieme ad un foglio A3, ai piccoli gruppi (3-5 bambini) che si incaricavano di leggere con attenzione e preparare l’illustrazione.
Continuando a lavorare, la storia si è arricchita di ogni genere di colpi di scena e, a un certo punto, ci siamo resi conto che era ora di pensare a un gran finale: siamo ripartiti con l’intero gruppo classe e con i fogliolini.
In questa occasione hanno superato se stessi: le idee erano tantissime, tutte travolgenti ed esilaranti.


Tutti sostenevano la necessità di un lieto fine (effettivamente con una eccezione, costituita però da una bambina che è un bastian contrario professionale).
Alla trascrizione dei fogliolini è seguita la discussione e un bambino si è battuto perché il finale che, con diverse sfumature, tutti condividevano (la brutta fine del personaggio cattivo) secondo lui non era un vero lieto fine: per essere un vero lieto fine deve essere lieto per tutti diceva e argomentava in modo molto efficace, sostenendo che non è moralmente accettabile procurare dei guai molto grossi ad uno dei personaggi, peraltro creatura di un compagno molto amato. Il suo ardore ha convinto tutti. Abbiamo rivisto ciò che era già stato scritto e archiviato tutto il (per me simpaticissimo) repertorio dei tragici finali riservati al povero principe cattivo.
La storia è stata conclusa, abbiamo preparato le ultime tavole e io ho impaginato tutto il materiale per confezionare un libro di cui la nostra dirigente scolastica (sempre pronta ad appoggiarci) ha deciso di finanziare la stampa.


Al momento, utilizzando tavole e testi, stiamo preparando la tournée del nostro spettacolo kamishibai tezukuri, che, prevediamo, conterà innumerevoli eventi (con la classe stiamo lavorando alla soluzione dei problemi logistici: stampa dei biglietti, posti a sedere, acquisto delle caramelle per gli spettatori, mezzi per gli spostamenti della compagnia).
Siamo ormai a maggio e per noi è tempo bilanci. Tutto il lavoro è stato molto emozionante, ci siamo divertiti molto e, ragionando da insegnante, posso dire che gli obiettivi coinvolti nel progetto (quelli immaginati all’inizio e quelli raggiunti alla fine) sono molti, vari e di natura molto diversa, il che per me è una buona cosa. Per contro l’investimento in termini di tempo scuola è stato ingente. I risultati raggiunti giustificano un tale investimento?

Abbiamo accolto questi bimbi a settembre come tante piccole scintille, ognuna con la sua propria storia, le sue fatiche, le sue luminose potenzialità, un po’ spersi nel nuovo mondo in cui avevano appena messo piede.
Adesso sono un bel gruppo, vivace, esuberante (ogni tanto un po’ troppo esuberante), tutti vengono a scuola volentieri, pieni di entusiasmo, si affidano a noi insegnanti e ai compagni con serenità, condividono con allegria le loro conquiste e le loro scoperte. Ci sono ovviamente anche molti problemi e questi risultati sono il frutto del faticoso lavoro di tutte le insegnanti del team (Pina, Alice e Giorgia oltre a me) e di tutte le proposte che sono state realizzate nel corso dell’anno.
Ma io sono molto soddisfatta di ciò che abbiamo realizzato e sono convinta che questo lavoro ci abbia aiutato a conoscerci e a costituire quei legami che adesso ormai sentiamo così forti. E poi chi può prevedere quali saranno i frutti che raccoglieremo a lungo termine?
Io penso che ogni piccolo seme sparso per far crescere pensiero critico, abilità nell’argomentare e riflettere non sarà mai un seme sprecato.

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